giovedì 15 dicembre 2016

Il Rock siamo noi - La nascita del Rock: ELVIS PRESLEY

In questa rubrica mi prefiggo di parlare, facendo approfondimenti, della mia grande passione: il rock.
Questo genere nasce negli anni ‘40 e ‘50 del secolo scorso da origini blues, country, folk, jazz e boogie-woogie.
Il pioniere di quello che possiamo definire Rock n’roll è Elvis Presley. Soprannominato appunto “Il re del Rock n’roll”, Elvis è stato sicuramente un personaggio incredibile e rivoluzionario, poiché ha contribuito a gettare le basi del rock moderno, il che lo rende a tutti gli effetti un’icona.
 
 
Oltre al talento musicale Elvis era caratterizzato da una grande presenza scenica e da una mimica intensa, che hanno influenzato profondamente la cultura non solo statunitense, ma di tutto il mondo. Il suo famoso soprannome di Elvis the Pelvis ("Elvis il bacino") gli fu attribuito proprio per via dei movimenti oscillatori e rotatori del bacino che caratterizzavano le sue esibizioni sul palco.
Il suo stile unico ed innovativo ha ispirato molti cantanti: in Italia il suo stile fu seguito, e spesso imitato, da Adriano Celentano, Little Tony e Bobby Solo. In ventiquattro anni di carriera ha pubblicato 61 album, vendendo oltre un miliardo di dischi in tutto il mondo e conquistando il record di dischi venduti da un solo cantante (condiviso con i Beatles e Michael Jackson). Apparve inoltre in molti film.
Prigioniero del suo personaggio adottò uno stile di vita stravagante ed esagerato, ma nella sua vita privata era sempre più solitario e complessato. A causa dei suoi eccessi perse la forma fisica per la quale era divenuto famoso e divenne quasi obeso; iniziò quindi a fare uso di psicofarmaci, prendendoli spesso in dosi eccessive. Morì nel 1977 per un attacco cardiaco, a soli quarantadue anni, nella sua residenza fiabesca di Memphis, Tennessee.
 
 
di Umberto “The Xavier” Giustozzi

 

sabato 10 dicembre 2016

Turisti a Roma

Ci sono città che visitiamo per la prima volta e, presi dalla voglia di vedere tutto, visitiamo l’intera metropoli, o cittadina, in un batter d’occhio. Vediamo tutto senza vedere niente.
Una volta finito il viaggio torniamo a casa e, in aereo, in treno, insomma, a bordo di qualsiasi mezzo stiamo usando per tornare indietro, iniziamo a pensare al nostro viaggio, rendendoci conto che, effettivamente, non ci ricordiamo quasi nulla. E allora prendiamo il telefono, cercando di ricordare tramite qualche foto scattata all’ultimo secondo l’intero viaggio, e notiamo quel fiore nell’angolo che non avevamo mai visto prima, quel passante che, come noi, stava facendo una foto. Magari anche lui senza vedere il soggetto che stava fotografando.
Sfogliamo tutto, foto per foto, e capiamo che abbiamo fotografato tutto, ma non ricordiamo niente. E ci sale quel senso di nostalgia, quella nostalgia che si prova quando ci innamoriamo di qualcosa che non abbiamo mai visto dal vivo, come nel caso della nostra amata tappa turistica.  Vogliamo tornare indietro, rivivere tutto, ma questa volta vivere veramente quell’esperienza, ma ormai è troppo tardi, la città è troppo lontana e tornare indietro costa troppo.
E allora perché, noi, cittadini di Roma, che abbiamo una (se non “la”) delle città più belle del mondo a disposizione, non la visitiamo da turisti?
Ma non come i turisti che fotografano senza fotografare, che vedono senza osservare. Ma come quei turisti con la fotocamera in mano, che immortalano un momento particolare, dopo aver osservato a lungo il soggetto, il paesaggio.
Che visitano un monumento, un museo, dopo averlo studiato, dopo aver capito la mostra, la sua storia.
Quei turisti che guardano per bene prima di decidere se la città gli piaccia o meno. Ma da turisti, non da cittadini che, nonostante abbiano a disposizione una delle città più vecchie, non vanno mai a visitare un museo, a cui piacciono sempre le città altrui nonostante non sappiano quello che c’è nella loro.
E allora, almeno una volta, entriamo in quel museo davanti al quale passiamo sempre; compriamo quella guida alla città di Roma; visitiamo Roma durante le vacanze, non rimaniamo dentro casa a guardare da lontano San Pietro, andiamo a visitarla.
E proviamoci allora, imponiamocelo come obbiettivo.
Fotocamera in una mano, guida nell’altra, viviamo Roma.
 
Di Flavia Gatti

mercoledì 7 dicembre 2016

L'angolo dei fossili - Il DIPLOCAULUS

Il DIPLOCAULUS
(275-252 MILIONI DI ANNI FA)

SPECIE: Diplocaulus salamandroies
FAMIGLIA: Nectridea
DIMENSIONI: 1 m
AREALE: America del Nord e Marocco
 
 


Risalente al Permiano superiore (295-250 milioni di anni fa), il Diplocaulus era un anfibio salamandriforme, il cui nome fa riferimento alla bizzarra forma del cranio. Considerando le protrusioni ossee ai lati di questo si può presumere che l’animale avesse una testa a forma di boomerang. Si è avanzata l’ipotesi che la forma insolita offrisse una maggiore protezione contro i predatori come il Dimetrodon, perché più difficile da agguantare, ma la forma a freccia poteva anche essere un valido aiuto per scovare prede nascoste nel fango, oppure agire come una specie di aliscafo favorendo il nuoto.  
Era uno degli anfibi più grandi del Permiano, e spesso raggiungeva il metro di lunghezza. La testa del Diplocaulus adulto misurava circa 30 cm di larghezza mentre non era particolarmente allungata. Gli arti corti, la struttura della spina dorsale e la forma piatta del corpo indicano che l’animale trascorreva la maggior parte del tempo in acqua, muovendo il corpo lateralmente per spingersi lungo i letti rocciosi di fiumi e acquitrini. Un suo perente stretto era il Diploceraspis con una testa molto simile ma con corna più allungate e sottili.

di Marco Panzironi
 

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