mercoledì 2 dicembre 2020

Un monolite nello Utah



Fino a pochi giorni fa la notizia rimbalzava sul web interessando, solo marginalmente, le testaste giornalistiche, dalle quali all’inizio

è stata stigmatizzata più come un dozzinale fenomeno di costume yankee che come evento degno di nota. Ora perfino i telegiornali ne parlano e avanzano teorie bizzarre. Nel frattempo si sono scomodati anche gli ufologi. La "febbre del monolite" sta contagiando il mondo intero. Di seguito cercheremo di dare un senso al fenomeno con delle ipotesi che scaturiscono da dati oggettivi. 

IL FATTO 

Una installazione artistica peregrina è stata rinvenuta tra le imponenti venature rossastre della Monument Valley dello Utah; si tratta di un monolite che ricorda e scimmiotta la più famosa struttura di memoria kubrickiana, se non fosse per il colore che dal nero dell’originale è virato nell’argento riflettente del doppione. Dal momento in cui un elicottero del Dipartimento di Pubblica Sicurezza lo ha casualmente avvistato mentre era alla ricerca di capi di bestiame scomparsi, sui social - in verità prevalentemente su quelli a stelle e strisce- non si parla d’altro. Prefigurandosi l’inevitabile pellegrinaggio di bizzarri personaggi alla ricerca di un improbabile contatto alieno, le guardie del DPS hanno tentato di mantenere segreta la localizzazione precisa dell’installazione, tentativo brutalmente stroncato nel giro di una manciata di ore dagli utenti di Reddit - un sito internet di social news, intrattenimento e forum - i quali hanno scandagliato Google Maps e individuato le esatte coordinate dell’oggetto specificando che la sua "posa" è databile tra il giugno e il settembre del 2016. Quindi l’improbabile "struttura" giace abbandonata da quattro anni ai piedi un canyon in attesa di essere rivelata al mondo: un parallelepipedo che somiglia più a una colonna, alto circa tre metri, cromaticamente e apparentemente armonizzato con l’ambiente circostante. Un insieme di pannelli di metallo lucente rivettati lungo le giunture e isolati da uno strato di resine epossidiche alla base. Del "monolite" o "monolith", come si sono sbrigati a definirlo gli Americani, ha ben poco. Di pietra, di certo, non è; né tantomeno è un blocco unico. Quindi non è l’oggetto in sé a destare interesse, quanto la sua lunga e inosservata presenza in un paesaggio suggestivo che ha richiamato nel tempo, quello si, fior di registi che lo hanno scelto come esotica location delle loro opere cinematografiche, da Stanley Kubrick con il suo 2001 Odissea nello Spazio, alla lunga saga di Star Trek. Chi lì ha deciso di piazzare lì quel "parallelepipedone", ha aspettato con pazienza quattro anni prima che venisse notato, senza perdere di vista il suo enigmatico obiettivo. E non appena il mondo si è accorto della sua esistenza, ha mosso la sua pedina con un’altra provocatoria sfida: lo ha fatto scomparire sostituendolo con un’altra bizzarrissima struttura, una piramide di metallo e pietra. Non ha dato al suo novello ed entusiasta pubblico il tempo di comprendere, ragionare, farsi un’idea del chi e del perché abbia speso soldi (non pochi), tempo e risorse per porre questo elemento distonico in un ambiente tanto ancestrale. Il finto monolite arriva a rappresenta così una figura quasi mitologica, uno sfuggente miraggio, un "cavallo di Troia" della curiosità umana, una figura retorica per eccellenza che, quando la verità sta per palesarsi, si nasconde al nostro sguardo confondendoci con una inaspettata metamorfosi. Metafora delle cose della vita, della ricerca continua degli esseri sensienti nei confronti della forma delle cose, della oggettività della loro apparenza. 

LE IPOTESI 

Al di là delle intriganti considerazioni sulla fantastica storia del monolite apparso e scomparso nel giro di poche notti, quello che più desta la curiosità generale è la sua origine. Al netto della immediata smentita delle grandi case cinematografiche che erano state accusate di aver abbandonato nel canyon un ingombrante residuo di qualche produzione, rimangono due ipotesi: che sia una trovata pubblicitaria, o una visionaria ispirazione di qualche artista specializzato in grandi installazioni. 

La trovata pubblicitaria 

Il primo caso sarebbe, in realtà, una contraddizione in termini, perché il tempo di permanenza dell’opera prima di palesarsi casualmente alla vista degli esseri umani apparirebbe troppo lungo. E’ possibile una operazione pubblicitaria protratta nel tempo? La pubblicità è quella forma di comunicazione che prevede un ritorno a breve giro in termini di marketing, quindi che senso avrebbe lasciare una struttura di quella portata in una zona inaccessibile aspettando che la sua esistenza venga, forse, divulgata al pubblico? Tuttavia c’è una affascinante analogia tra il luogo in cui il parallelepipedo è stato installato e un pluripremiato progetto grafico di un gioco, chiamato appunto Monumet Valley prodotto dalla USTWO Game e pubblicato proprio intorno al 2016, che vede come animatore l’artista Ken Wong. Il gioco è stato nella rosa dei finalisti dell’Innovation Award, del Best Visual Art, del Best Handhold/Mobile Game for the 2015, e del Game Developers Choice Awards ed ha avuto una menzione come Best Design. Ha vinto il BAFTA dei videogames per il contenuto artistico e infine, oltre a tanti altri premi, nel 2014 ha vinto l’Apple Design Award , in termini di guadagni, a maggio del 2016 aveva venduto 26 milioni di copie nel mondo e guadagnato 14 milioni di dollari. Monument Valley è un gioco di composizione nel quale il giocatore guida una personaggio attraverso labirinti di illusioni ottiche e oggetti impossibili, intrisi di una atmosfera magica e irreale. Tra gli oggetti impossibili che concorrono alla soluzione degli incastri c’è, guarda un po’, proprio un monolite che appare e scompare nelle varie stanze in cui la protagonista si muove. 

L’opera artistica 

Le atmosfere fuori dallo spazio e dal tempo e di vago sentore orientaleggiante sono ispirate da una artista di fama internazionale, Petecia Le Fawnhawk, che, guarda caso, è una delle principali sospettate nel caso che il monolite non fosse una trovata pubblicitaria ma una azzardata installazione artistica. La Fawnhawk è un’artista multidisciplinare, visionaria e surrealista che possiede una raffinatissima capacità di manipolare le immagini della natura, nella quale inserisce fisicamente le sue opere in luoghi enigmatici, impossibili, misteriosi nei quali mira a distruggere ogni logica e razionalità visiva con l’inserimento di elementi di rottura, distonici, che stimolano fortemente la parte emotiva e irrazionale dello spettatore attraverso quegli stessi oggetti che diventano simbolo. Esattamente come il monolite della Monument Valley nello Utah ha fatto con quei pochi che hanno avuto la fortuna di poterlo osservare. Quindi, l’ipotesi artistica, estremamente stimolante e intrigante e quella commerciale e pubblicitaria, potrebbero trovare un ponte di collegamento proprio nell’opera della Fawnhawk. Un altro artista considerato ispiratore dell’installazione fantasma è John McCracken (morto nel 2011) altro visionario ed eclettico genio statunitense, guarda caso nativo dello Utah, che nella parte finale della sua vita umana e professionale amava inserire elementi dirompenti in ambienti naturali selvaggi, in materiali riflettenti che producessero una compenetrazione visiva tra l’oggetto estraneo e la natura che in questo modo lo assorbiva, lo inglobava, lo faceva suo. Molti critici artistici americani ritengono che sono stati proprio gli allievi di questo innovativo scultore a volerne commemorare l’opera installando ponendo in essere l’ultima sua creazione. 

PERCHE’ STIMOLA LA NOSTRA CURIOSITA’ 

Qualunque sia l’origine del monolite e della piramide di metallo che l’ha sostituito, è chiaro che la loro storia nutre la nostra fantasia, il nostro bisogno di visitare, anche solo con l’immaginazione, luoghi immaginari, o comunque di manipolare la visione di quelli fisici, facendola corrispondere ai nostri mondi interni. In questo modo il sogno corrisponde al bisogno di realizzazione dei desideri più profondi, che nascono dalla necessità di fermare una vita fremente e trasformarla in una esistenza sapiente.

Giacomo Di Maria

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