lunedì 23 dicembre 2019

La tasca - Un racconto di Tancredi Bendicenti parte 2



“È la tua pagella. L’ho cucita io lì. Tieniti stretta la giacca, non te la togliere mai”
Un uomo li venne a prendere. Suo padre rimase davanti alla porta. Sorrideva forzatamente, ma aveva gli occhi rossi. Il suo sguardo e la sua espressione parlavano lingue differenti. Il ragazzo all’inizio fu silenzioso.
Poi, quando vide la madre piangere e la sua casa sbiadire, cominciò a strillare. L’uomo gli diede uno schiaffo. La madre gli disse di stare calmo, che un giorno il papà li avrebbe raggiunti nella vita che li aspettava. Gli ricordò di stare attento al suo futuro cucito nella giacca logora.
I.                       
La vita nel villaggio proseguì. Il sole continuava a sorgere ed a calare alle stesse ore. Non si ebbero problemi nel raccolto. Le donne, sedute davanti alle loro case, parlavano della notizia dell’anno. Passando di bocca in bocca la storia si trasformava. Acquisì nuove sfumature, facce, colori; finché la verità non fu che un ingrediente di poco conto, una spezia insapore ed accessoria. Ed il padre capì perché a suo figlio le parole non piacevano.
II.                       
Onde di piscio e benzina idratavano periodicamente la sua pelle, secca dopo i mesi di viaggio nel deserto. Ogni tanto l’acqua del mare penetrava nell’imbarcazione. Avevano sete. Non potevano bere. Tutto era razionato. Anche la vita. Il mare accoglieva chi non ce l’aveva fatta. Ed era un macabro sollievo sentire la barca alleggerirsi e viaggiare più veloce. Mamma lo teneva stretto.  Il sole picchiava sui loro corpi sudici. Il loro abbraccio era l’ultimo bastione della vita su quell’inferno galleggiante. Quando fu sera le nuvole coprirono la luna. Un forte vento agitò il mare. La pioggia cominciò a cadere fitta. Tutti aprirono la bocche e le rivolsero verso il cielo. Estesero la lingua più che potevano. Ogni goccia era un minuto di vita, forse meno. Si leccavano le braccia e le gambe fradicie, ingoiando uno strano miscuglio di scarti, acqua e benzina. Le onde si alzavano. Agitavano la barca. I corpi rotolavano inerti da una parte e dall’altra, cadaveri annunciati. Ma l’abbraccio tra madre e figlio resisteva. Il ragazzo ricordò suo padre. La noia delle lezioni di letteratura. La matematica. E si ricordò della bellezza e della perfezione delle equazioni. Cosa avrebbe dato per un solo esercizio. Cosa avrebbe dato per avere qualcosa da cercare, da scoprire. Un’ incognita prevedibile. La possibilità di regolare il mondo, di farlo quadrare nella sua mente. Poi venne meno l’abbraccio della madre. Senti le mani coperte di piaghe e rughe precoci scivolargli addosso. Lei cadde inerte in mare. Lui si gettò insieme a lei. Cercò di raggiungerla. Ma la sua era una terra lontana dalla costa, e lui non sapeva nuotare. Affondò, abbracciato a sua madre, pensando a suo padre ed alla bicicletta che gli aveva regalato, alla matematica ed al pozzo del suo villaggio. Prima di chiudere gli occhi, annaspando tra le onde, strinse la tasca della sua giacca.

Tancredi Bendicenti

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