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È un martedì di inizio dicembre. I negozi di Via del Corso giocano a illuminare i passanti. Due giorni alla prima. Fa freddo. È buio. Sento le note sfumate di “Come Alive” già dal cortile. Finalmente entro. Il teatro è preso da una calma frenetica.  Chi danza e balla sul palco. Chi sposta le luci. Chi si occupa del suono. Chi, seduto in platea, si gode, per l’ennesima volta, uno spettacolo ancora nuovo. Inizierei col dire che tre parole emergono come denominatori comuni da queste interviste: fatica, divertimento, gruppo. Traspare, dietro le battute e la stanchezza, un autentico desiderio di crescita comune, attraverso gli errori, le soddisfazioni e gli sfinimenti di un impegno quasi trimestrale. Un’esperienza, dice Flavia Gatti (Anne Wheeler),
più che degna di essere ripetuta, perché, cito: “ogni spettacolo ti regala nuovi lividi sulle ginocchia e nuove amicizie”. “The Greatest Showman” in particolare, secondo Marco Panzironi (Phillip Carlyle), deve lasciare al pubblico l’idea che “la diversità sia un pregio, non una debolezza”.  Valeria Ciancaleoni (Jenny Lind) tiene invece a sottolineare che il momento più bello delle prove è quello in cui “non si riesce a fare qualcosa da soli, e poi ci si riesce tutti insieme, come gruppo”. Matteo Marazzi (un anonimo “Capo Gang”, il cattivo insomma), poi, commenta che ciò che più lo ha colpito di questa, per lui nuova, esperienza è l’impressionante “professionalità” di tutti i partecipanti. Valentina Robles (Charity Barnum) aggiunge, infine, che l’obiettivo di questo spettacolo è quello di “trasmettere magia al pubblico”, anche se solo per un’ora e mezza. Nessuno invece ha dubbi sul proprio personaggio preferito: Phillip Carlyle viene eletto per plebiscito, vista la sua complessità psicologica e la sua travagliata storia d’amore. Tutti, inoltre, si immedesimano con facilità nei cosiddetti “freaks”, come la Donna Barbuta o Anne Wheeler, perché sono, nelle parole di Flavia, “persone che non hanno un posto e poi lo trovano”. Insomma questi ragazzi ci hanno dimostrato che, per citare Eduardo De Filipo: “Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male”.

Tancredi Bendicenti

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