Tradizionalmente l’uomo ha sempre avuto paura di batteri e
virus, minuscoli organismi, in grado di scatenare epidemie devastanti con
milioni di morti.
Dalla peste medievale, al vaiolo, all’influenza spagnola
(1918), l’umanità ha dovuto difendersi in tutti i modi per cercare di limitare
il contagio e curare le malattie.
Purtroppo, i virus, a differenza dei batteri, non sono
sensibili agli antibiotici, per cui l’unica terapia (o prevenzione) possibile è
quella di creare vaccini, che però richiedono mezzi e lunghe ricerche.
Pertanto, quando si teme un’epidemia che nasce da un nuovo
virus, come l’attuale coronavirus, il primo e unico rimedio è quello di circoscrivere
o limitare le possibilità di contagio, isolando i malati e prevenendo contatti
tra persone potenzialmente infette.
L'agente patogeno, responsabile dell'attuale epidemia,
appartiene a una grande famiglia chiamata coronavirus.
I coronavirus (CoV) sono virus a RNA a singola elica, che
provocano, in generale, infezioni enteriche, cioè a livello dell’intestino, e/o
delle vie aree, cioè a livello polmonare.
I coronavirus umani, conosciuti ad oggi, comuni in tutto il
mondo, sono sette tra cui si riscontrano quelli responsabili delle sindromi
respiratorie come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle East
respiratory syndrome), la SARS (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute
respiratory syndrome) e il nuovo 2019-nCoV, attualmente ancora ignoto.
L'ultimo virus è strettamente correlato alla SARS e a tutti
quei virus che circolano nei pipistrelli, poiché questi animali possono a loro
volta infettarne altri, i quali sono in grado di trasmettere il virus all'uomo.
Molti scienziati sospettano che un animale sconosciuto o lo stesso pipistrello,
che trasporta il 2019-nCoV, abbia diffuso il virus all'uomo in un mercato di
frutti di mare e animali selvatici vivi a Wuhan, dove sono stati documentati i
primi casi a dicembre.
Un team guidato da Wei Ji, un microbiologo presso la Scuola
di Scienze Mediche di base dell'Università di Pechino, ha cercato un segnale
per il quale il 2019-nCoV si fosse adattato ad un eventuale “ospite” o ad un
animale specifico.
Infatti, i virus si adattano all’organismo codificando le
proteine con la stessa disposizione e scelta dei codoni (sequenze di tre
triplette di DNA e RNA, che codificano gli amminoacidi) dell’ospite.
Conseguentemente, il team di Wei ha confrontato i codoni
preferiti da 2019-nCoV con quelli preferiti da potenziali ospiti tra cui ricci,
pangolini, pipistrelli, galline, umani e serpenti.
Si è notato che la scelta dei codoni del 2019-nCoV era molto
simile a quella usata da due serpenti: Bungarus multicinctus (il krait a molte
fasce) e Naja atra (il cobra cinese).
Queste due specie risultano essere state vendute al mercato
ittico e animale di Wuhan, dove anche secondo il governo cinese è iniziata la
diffusione del 2019-nCoV.
Altri invece sostengono che questo virus non è stato
trasmesso dai serpenti, poiché il fatto che il coronavirus si sia trasmesso tra
gli uomini implica una mutazione del virus iniziale, un processo troppo lungo
per cui il virus dai serpenti possa aver alterato significativamente il genoma
(l’insieme delle informazioni genetiche nel DNA) di un animale secondario, che
l’abbia poi trasmesso agli umani.
La possibilità più probabile è dunque che sia nato dalla
trasmissione con un altro mammifero.
Tuttavia, non si può ancora decretare con certezza la sua
origine, in assenza di dati certi, ma vanno perciò eseguiti ulteriori test
genetici su animali o fonti ambientali (come gabbie e contenitori dal mercato
di Wuhan) per trovare indizi e prove concrete.
Invece, viene considerata improbabile l’ipotesi che questo
sia un cosiddetto “virus modificato”, vale a dire che sia stato creato in
laboratorio per colpire l’economia di un paese, nonostante, in seguito al
trattato multilaterale, entrato in vigore nel 1975, sia stata stabilita la
Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione e dello stoccaggio
di armi batteriologiche (biologiche).
La Cina ha reagito di fronte a questa imminente crisi,
cercando di isolare milioni di persone, una situazione drammatica, mai vista
prima su così grande scala. Tutto ciò è dovuto alle modalità di trasmissione del
virus che sembra potersi trasmettere anche in assenza di sintomi, quindi senza
alcun preavviso. Il corona virus infatti si può contrarre anche con la semplice
presenza di un individuo, che non ha ancora manifestato i sintomi, con la
saliva, tossendo e starnutendo, con contatti diretti personali (come toccare o
stringere la mano e portarla alle mucose), ma anche toccando prima un oggetto o
una superficie contaminati dal virus e poi portandosi le mani (non ancora
lavate) sulla bocca, sul naso o sugli occhi. Attualmente non esiste un
trattamento specifico per la malattia causata dal nuovo coronavirus, poiché
ogni trattamento deve essere basato sui sintomi del paziente. La terapia di
supporto però può essere molto efficace anche se, essendo una malattia nuova,
ancora non esiste un vaccino.
Le raccomandazioni per ridurre l'esposizione e la
trasmissione di una serie di malattie respiratorie comprendono il mantenimento
dell'igiene delle mani (lavare spesso le mani con acqua e sapone o con
soluzioni alcoliche) e delle vie respiratorie, pratiche alimentari sicure
(evitare carne cruda o poco cotta, frutta o verdura non lavate e le bevande non
imbottigliate) ed evitare il contatto ravvicinato, quando possibile, con
chiunque mostri sintomi di malattie respiratorie come tosse e starnuti.
Nonostante le precauzioni il virus ha già fatto ammalare oltre 6.150 persone,
soprattutto in Cina, superando i numeri dell'epidemia di SARS del 2003. Anche
le vittime continuano ad aumentare, sono almeno 132. L'infezione, seppur lentamente,
avanza anche in Europa: i casi sono saliti a 10, il primo in Finlandia e il
quinto in Francia. Gli altri paesi sono corsi ai ripari iniziando i rimpatri da
Wuhan e sta per partire un aereo dall'Italia per rimpatriare i nostri
connazionali. In questo scenario di crescente preoccupazione l'Oms ha convocato
una nuova riunione d'emergenza per valutare l'allerta internazionale. Il picco
dell'epidemia non è ancora arrivato, ma gli ultimi numeri sembrano suggerire
quantomeno un rallentamento: i contagi giornalieri sono 600 in meno ed un
centinaio di persone hanno superato l'infezione.
Giorgia Gambarini
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