Viviamo nell'epoca dei social, dove chi ben appare è già a metà dell'opera, dove, se il numero dei tuoi follower è alto, sei popolare ed accettato di buon grado.
I social regolano la nostra vita, riducendo i rapporti a quelle poche parole digitate a distanza di sicurezza dal destinatario. Non riusciamo nemmeno più a ricordare come siano i rapporti tangibili, fatti di parole dette a denti stretti e nodi in gola. Tuttavia il problema è ben più ampio: chini, con lo sguardo sui nostri schermi, siamo continuamente sottoposti alla visione di famiglie Barilla che mangiano insieme, di ragazze e ragazzi dai fisici perfetti, di persone che conducono una vita "esattamente come vorrebbero". E se non ci stupisce abbastanza il fatto che la maggior parte di ciò che vediamo non sia reale, sicuramente rimarremmo di stucco sapendo che tutti, e dico tutti, non facciamo altro che rincorrere quelle immagini stereotipate. Corriamo senza una meta, forse per paura di fermarci, per paura di capire che ciò per cui corriamo non ha davvero un senso, che non facciamo altro che fuggire dall'horror vacui che ci corrode l'anima. Viviamo nel mondo delle apparenze e non possiamo fare altro che rassegnarci alla noia che ci auto infliggiamo rinchiudendoci all'interno di modelli prestabiliti chissà da quale moda passeggera. Uscire allo scoperto ci esporrebbe a critiche, quindi preferiamo rimanere nella nostra mediocrità, è la via più facile e di conseguenza quella scelta da tutti.
Sveva
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