mercoledì 12 febbraio 2020

Il pipistrello e la rondine - Valerio Boscaro



(condividiamo un racconto pubblicato da Valerio Boscaro su 
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In una tiepida notte di primavera, un giovane e intraprendente pipistrello aveva lasciato il suo nido per conoscere uno di quegli straordinari uccelli che aveva visto, quasi per caso, sbirciando dal sottotetto in cui viveva. Quelle creature erano degli esseri alati, non molto più grandi di un pipistrello. Volavano a ogni altezza ed erano di un nero così intenso che, colpiti dai raggi solari, rimandavano riflessi di un blu cangiante. Ai lati del capo c’erano due piccole macchie rosse e il loro addome era di un bianco candido.

Il pipistrello entrò di soppiatto nel fienile in cui le aveva viste ritirarsi al tramonto e, fattosi coraggio, cercò di attirare l’attenzione di una di loro.
“Ehi. Pssst!” provò timidamente. Nessuna risposta.
“Ehi. Tu nel nido.”. Ancora nulla.
“Ehi! Sveglia!”. Questa volta aveva alzato un po’ la voce e, nel silenzio del fienile, gli sembrava di aver urlato.
“Chi c’è?” La voce che aveva risposto lo aveva fatto trasalire. Era un po’ spaventata, in allerta.
“Non preoccuparti. Non voglio farti del male”.
“Ma dove sei?”
“Sono qui, sul soffitto”
“Non ti vedo. È troppo buio”
Vedeva gli occhi del suo interlocutore che lo cercavano e, pur essendosi fermati diverse volte su di lui, non riuscivano a scorgerlo.
“Chi sei?” incalzò la creatura.
“Mi chiamo Vee. Tu come ti chiami?”.
Non sembrava un brutto inizio.
“Mi chiamo Aria. Ma non sei una rondine. Non ti conosco.”
“Certo che non sono una rondine!” rispose tra il divertito e lo stupito il pipistrello. “Le rondini sono una leggenda”.
Forse quelle creature volavano veloci e cantavano meravigliosamente, ma di certo non erano gli esseri più intelligenti del mondo. Tra i pipistrelli, tutti sapevano che le rondini erano solo una favola per far addormentare i piccoli.
“Senti, se è uno stupido scherzo non è divertente! Vieni qui, nel cuore della notte, mi svegli, non ti fai vedere e mi prendi anche in giro! Perché non vai a dormire?”.
Caspita, pensò, sembra proprio arrabbiata.
“Scusami, non volevo prendermi gioco di te. È solo che hai tirato fuori quella storia delle rondini e ho pensato che, beh...”. Non sapeva come dirle, senza offenderla, che gli era sembrata un po’ matta.
“Hai pensato cosa?” incalzava.
Ormai era in ballo; tanto valeva ballare.
“Ho pensato che fossi un pochino matta o che volessi prenderti tu gioco di me” Ecco. L’aveva detto. Aveva volontariamente sottolineato quel “tu” per farle capire che se c’era qualcuno che si burlava dell’altro non era certo lui.
Ci fu un attimo di silenzio, poi: “Ma davvero non credi che le rondini esistano?”
La domanda lo aveva lasciato interdetto. Sembrava davvero interessata a conoscere la sua risposta.
“Direi di sì. Ne sono davvero convinto. Per noi sono solo una leggenda”
“E cosa racconta questa leggenda?” lo incalzò.
“Parla delle nostre origini. Ma è solo un mito.” tagliò corto.
“Ti va di raccontarmela?”
“Certo, se ti fa piacere” rispose poco convinto.
Poi iniziò a raccontarle la leggenda così come sua madre gliel’aveva raccontata quando era piccolo:
(CONTINUA)

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