domenica 9 febbraio 2020

Un nemico del popolo



La rappresentazione teatrale del dramma di Ibsen mi ha portato a riflettere sul messaggio principale dell’opera, che è innegabilmente provocatorio.

Ho riscontrato nei temi trattati una spaventosa contemporaneità con la politica moderna, nonostante la stesura originale risalga ai primi dell’Ottocento.
La storia vede coinvolta una piccola cittadina termale, chiamata ad affrontare la scoperta del protagonista, il Dr Stockmann, il quale ha riscontrato la presenza di veleno nelle acque delle terme. Essendo lo stabilimento la principale fonte di lucro della città, dopo una momentanea acclamazione del dottore per la scoperta fatta, le sue opinioni sulla chiusura temporanea delle terme vengono condannate da tutti i cittadini sotto la guida del sindaco, nonché fratello del protagonista, Peter Stockmann. Rappresentante delle opinioni di questi ultimi è il quotidiano “La Voce Del Popolo”, che segue il pensiero della maggioranza poiché “il giornale lo fanno gli abbonati”.
L’intento dell’autore è quello di voler criticare non solo la stampa moderna, ma soprattutto l’ampia libertà di espressione che i membri del popolo stanno guadagnando man mano, in linea con gli ideali post-rivoluzionari. Il Dottor Stockmann, quando dichiara di essere contrario al fatto che decisioni così importanti vengano affidate alla maggioranza, viene prima definito un aristocratico, poi un “Nemico del popolo”. Il dottore vuole invece schierarsi contro le masse poiché sono facilmente sfruttabili a proprio vantaggio in quanto non istruite.
Ritengo che la linea di pensiero di Ibsen sia facilmente attualizzabile: gli uomini politici del giorno d’oggi sfruttano i nuovi mezzi di comunicazione per diffondere solo ciò che vogliono si sappia tra i cittadini, provocando così reazioni delle masse solo in merito a determinati settori da loro “selezionati”. Se Ibsen oggi fosse vivo, ci ammonirebbe dicendo che la gente dovrebbe astenersi dal commentare post su Facebook facendo i “moralisti” quando in realtà non sono nemmeno superficialmente informati sull’argomento che criticano o sostengono. Come può una comune persona esprimere un giudizio a discapito di coloro che impiegano gli studi di un’intera vita per una corretta formulazione del loro pensiero solo perché indotti dalla propaganda politica? Mi viene in mente al riguardo la nota citazione di Umberto Eco: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
Aveva ragione Platone nel dire che la nostra Repubblica sarebbe dovuta essere retta esclusivamente dai filosofi? Coloro che erano stati individuati come i più adatti allo studio e alle corrette intuizioni?
Isolato

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