domenica 8 marzo 2020

Grandi donne - Decameron 2.0; Novella III



 “Welcome, welcome, little stranger,
    Fear no harm, and fear no danger;
We are glad to see you here,
    For you sing, "Sweet Spring is near."
Questo è l’inizio della prima poesia che scrisse. Era solo una bambina e viveva a stretto contatto con la natura, per questo l’ha dedicata al pettirosso nel suo giardino.
Poi è cresciuta e il suo interesse si è spostato dalla natura, con tutti i suoi fiori e le creature magiche che lei immaginava vivessero in essa, al genere gotico. Oh come amava scrivere storie di castelli spettrali con creature spaventose e spargimenti di sangue! Una delle storie che scrisse si intitolava “Il fantasma e l’abate”. Ma inevitabilmente quel giorno arrivò, quel giorno in cui i suoi sogni si scontrarono con la realtà: voleva che i suoi racconti venissero pubblicati. Quando sei donna e vivi nella periferia di Washington intorno alla metà dell’Ottocento, desiderare qualcosa del genere è quasi presunzione. Ancora di più se ciò che scrivi è tutt'altro che convenzionale e ti aspetti di aiutare la tua famiglia con il ricavato delle vendite. Di cosa aveva bisogno il pubblico? Di storie d’amore ad effetto. E dunque quelle lei avrebbe scritto e pubblicato con lo pseudonimo A. M. Barnard. Poi il suo editore le chiese di scrivere un romanzo “adatto alle ragazze” con degli insegnamenti morali. Lei rifiutò. A suo padre venne promessa la pubblicazione di un altro suo libro se lei avesse scritto quel romanzo “per ragazze”. Lui fece pressioni. Lei accettò. Venne pubblicato a puntate e divenne un successo incredibile ed inaspettato. Le ragazze lo amavano. Arrivò l’ultima settimana, quella in cui avrebbe dovuto scrivere e pubblicare il finale e lei andò ad incontrare il suo editore. “La tua protagonista deve o sposarsi o morire, questo è l’unico finale possibile per le ragazze. È certo che altrimenti non venderebbe nemmeno una copia” le disse. “Ebbene il matrimonio è una questione economica anche nei romanzi” fu la sua risposta. La sua protagonista, colei che si può considerare come il suo alter ego, colei che non si doveva sposare perché la stessa autrice non avrebbe mai accettato di perdere la sua libertà in un vincolo matrimoniale, alla fine si sposò. Fu il finale che tutti volevano, ma per la nostra giovane scrittrice fu come vendere una parte di sé stessa. “Le donne hanno menti brillanti, un’anima, come anche dei pensieri. Hanno ambizioni e talento, non solo bellezza e sono stanca di sentirmi dire che l’amore e tutto ciò per cui sono fatte le donne, non ne posso più” è quello che pensava. Recentemente quel suo famoso libro è stato reso in un nuovo adattamento cinematografico che rende onore agli ideali di questa donna che precedeva i suoi tempi, in particolare con il seguente discorso: “Sono solo una donna e come tale non ho nessun modo per guadagnarmi i miei soldi, non abbastanza per mantenere me stessa o la mia famiglia. Se anche avessi dei soldi, che non ho, apparterrebbero a mio marito dal momento del matrimonio. Se poi avessimo dei figli sarebbero suoi, non miei, sarebbero sua proprietà. Dunque non provare a dirmi che il matrimonio non è una questione economica perché lo è”. Il sogno di questa autrice era quello di essere libera e anche di amare, ma liberamente. Al suo tempo fu definita attivista e femminista in quanto si batteva perché le donne avessero gli stessi diritti degli uomini e perché i neri avessero gli stessi diritti dei bianchi. Davvero è necessario creare termini come “femminismo” e “attivismo” per spiegare l’impegno di una persona che cerca di far capire che siamo tutti semplicemente e soltanto umani? Che è naturale che ogni essere umano abbia gli stessi diritti di un altro essere umano? Cosa penserebbe la nostra autrice se oggi, 8 marzo 2020, a 151 anni dalla sua morte potesse vedere com'è diventato il mondo? Che abbiamo molto da lavorare se ancora parliamo di diritti “delle donne” come di una categoria a parte di diritti, ma che siamo sulla buona strada. Ed in gran parte è grazie a grandi donne come lei che siamo arrivati dove siamo oggi. Grandi donne come Louisa May Alcott.
Liliana Gaddi

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