Il lago era disteso ovunque si posasse la
vista. Profondo, scuro, tumido dei suoi segreti, accarezzava, come velluto
liquido, le sagome che si stagliavano al suo interno. Era concesso illuminarlo
solo a delle flebili luci nella notte, lucciole.
Nel lago di Buio avevano la
loro casa. Uno spruzzo di case era addormentato intorno alla radura. È così che
iniziano tutte i racconti sul fare, al limitare del bosco.
Ed ecco dov'era.
Il Buio aveva ceduto il posto all'alba, che
colava attraverso gli assi rotti delle antiche persiane, e stillava sul
pavimento e i divani e le sue gambe, lasciando scie dorate sui libri e le
metalliche cornici dei quadri.
Luna aveva paura del buio.
Da che ricordasse, aveva sempre vissuto nel
mezzo del nulla. È curioso come si dica sempre che la vita è tra la gente
nelle grandi metropoli, dove accadono grandi cose, e poi solo nel mezzo del
nulla hanno luogo ogni giorno i grandi misteri della vita. Aveva perso sua
madre da piccola nel buio. Perché il Buio e il Bosco prendono sempre ciò che è loro,
e la radura era sempre stata loro, così come tutti i suoi abitanti.
Era una settimana che si svegliava all'alba,
senza ragione, come se il Buio la chiamasse a sé. Voleva che uscisse. Voleva
che raggiungesse sua madre, che nel bosco era entrata e non era più uscita-
perché questa è un’altra storia: chi non vuole sapere dice che chi va nel Bosco
muore. Ma non muore; solo non torna. La realtà stessa è difficile da accettare,
ma è più difficile per chi soffre e basta o per chi, come Luna, vede solo
lucciole ogni notte nei suoi sogni, e si sveglia con un’unica luce appoggiata
alla cornice del letto, che vola appena schiude le palpebre?
Il ticchettio della tastiera del suo
computer, anch'esso le ricordava acqua, che gocciola e scivola e si riempie dei
suoi pensieri, che come cascate si riversano nelle pagine del suo diario e
lavano la sua mente da ogni dubbio e preoccupazione: quella notte Luna sarebbe
andata a vedere.
E così, a passo leggero, Luna uscì dal
letto. Non voleva svegliare la lucciola sulle coperte. Socchiuse la porta e
lenta, si avviò nella notte nel suo pigiama di seta del colore della luna. L’erba
era fredda e bagnata contro i suoi piedi, ma lo spettacolo che le si parava
davanti era più agghiacciante: il bosco si era avvicinato- chilometri di terra
e strade erano inghiottite dalle fronde dei pini, e le foglie coprivano recinti
e macchine, e in quel momento erano solo loro due, il Buio e Luna, e un
centinaio
di lucciole.
Luna aveva paura del buio.
E il buio le parlò.
Aveva la voce di sua madre.
E il bosco si aprì in due, e al centro c’era
una betulla, e la betulla era bianca e luminosa, la sua corteccia la stagliava
contro il legno scuro dei noci, dei tigli e dei pini che inghiottivano strade e
macchine; era cava. Al posto dei rami rotti, vi erano fori, e usciva luce dalla
terra e dalle radici. Luna raggiunse il centro del bosco in tre passi, dove non
era permesso entrare a nessuno. Umano. Le foglie frusciavano, mosse da una
brezza leggera. Il bosco profumava di miele, l’odore dei tigli in fiore, e di
muschio e di terra bagnata, quell'odore che nei boschi lascia la pioggia, e si
impiglia e imprime nei vestiti e nella pelle e nella memoria. Il bosco sapeva
di casa. Luna sfiorò con le dita la corteccia liscia della betulla- e sentì di
nuovo la voce del Buio: un bisbiglio di lucciole in volo, e d’acqua che goccia
sulle foglie, e vento che soffia tra le canne e dolce suona la notte. La
betulla era cava, e al suo interno viveva il Bosco. Si dice che nelle notti di
luna piena, gli spiriti si incontrino per
ballare. Che i due mondi siano più vicini in assoluto. Erano lucciole.
Migliaia di luminosi insetti, e ballavano al ritmo della musica, e la betulla
era viva, e a guardarlo anche il bosco si muoveva a ritmo del suono. Il buio
non era più Buio, ma solo Bosco e notte.
Su un’orecchio di Luna si posò una
lucciola. Le sussurrò un segreto: era dove doveva essere. A casa. Vide sua
madre nell'albero cavo. Vide il suo volto riflesso dalle luci, e sentì il suo
profumo, ma muschiato e velato di bosco. E capì: il bosco non uccide. Il bosco
chiama ciò che è suo, e trasforma. Porta all'esistenza autentica, all'essenza.
Le tese una mano, e un insetto le si posò sull'indice, risalendo il polso con
un brivido. Nelle orecchie il vento che si era alzato iniziava a fischiare, e
risuonava come le onde del mare nelle conchiglie. Luna afferrò la mano di luce.
E vide. E sentì. Lei era il bosco, ed il bosco era lei. Una lucciola uscì dal
pigiama di seta adagiato al suolo, luminosa, si infilò nella betulla cava. Il
bosco si richiuse e si ritirò frusciando con la bassa marea di buio, scoprendo
le macchine e le case e lasciando che la luce del sole neonato svanisse la
rugiada e riempisse l’aria del suo odore silvestre. All'alba, il bosco era
tinto d’oro e di luce, vivo e sazio.
La notte e la Natura prendono sempre ciò che
gli appartiene.
Claudia Gianni
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