Il Buio - Decameron 2.0; Novella VII
Il lago era disteso ovunque si posasse la
vista. Profondo, scuro, tumido dei suoi segreti, accarezzava, come velluto
liquido, le sagome che si stagliavano al suo interno. Era concesso illuminarlo
solo a delle flebili luci nella notte, lucciole.
Nel lago di Buio avevano la
loro casa. Uno spruzzo di case era addormentato intorno alla radura. È così che
iniziano tutte i racconti sul fare, al limitare del bosco.
Ed ecco dov'era.
Il Buio aveva ceduto il posto all'alba, che
colava attraverso gli assi rotti delle antiche persiane, e stillava sul
pavimento e i divani e le sue gambe, lasciando scie dorate sui libri e le
metalliche cornici dei quadri.
Luna aveva paura del buio.
Da che ricordasse, aveva sempre vissuto nel
mezzo del nulla. È curioso come si dica sempre che la vita è tra la gente
nelle grandi metropoli, dove accadono grandi cose, e poi solo nel mezzo del
nulla hanno luogo ogni giorno i grandi misteri della vita. Aveva perso sua
madre da piccola nel buio. Perché il Buio e il Bosco prendono sempre ciò che è loro,
e la radura era sempre stata loro, così come tutti i suoi abitanti.
Era una settimana che si svegliava all'alba,
senza ragione, come se il Buio la chiamasse a sé. Voleva che uscisse. Voleva
che raggiungesse sua madre, che nel bosco era entrata e non era più uscita-
perché questa è un’altra storia: chi non vuole sapere dice che chi va nel Bosco
muore. Ma non muore; solo non torna. La realtà stessa è difficile da accettare,
ma è più difficile per chi soffre e basta o per chi, come Luna, vede solo
lucciole ogni notte nei suoi sogni, e si sveglia con un’unica luce appoggiata
alla cornice del letto, che vola appena schiude le palpebre?
Il ticchettio della tastiera del suo
computer, anch'esso le ricordava acqua, che gocciola e scivola e si riempie dei
suoi pensieri, che come cascate si riversano nelle pagine del suo diario e
lavano la sua mente da ogni dubbio e preoccupazione: quella notte Luna sarebbe
andata a vedere.
E così, a passo leggero, Luna uscì dal
letto. Non voleva svegliare la lucciola sulle coperte. Socchiuse la porta e
lenta, si avviò nella notte nel suo pigiama di seta del colore della luna. L’erba
era fredda e bagnata contro i suoi piedi, ma lo spettacolo che le si parava
davanti era più agghiacciante: il bosco si era avvicinato- chilometri di terra
e strade erano inghiottite dalle fronde dei pini, e le foglie coprivano recinti
e macchine, e in quel momento erano solo loro due, il Buio e Luna, e un
centinaio
di lucciole.
Luna aveva paura del buio.
E il buio le parlò.
Aveva la voce di sua madre.
E il bosco si aprì in due, e al centro c’era
una betulla, e la betulla era bianca e luminosa, la sua corteccia la stagliava
contro il legno scuro dei noci, dei tigli e dei pini che inghiottivano strade e
macchine; era cava. Al posto dei rami rotti, vi erano fori, e usciva luce dalla
terra e dalle radici. Luna raggiunse il centro del bosco in tre passi, dove non
era permesso entrare a nessuno. Umano. Le foglie frusciavano, mosse da una
brezza leggera. Il bosco profumava di miele, l’odore dei tigli in fiore, e di
muschio e di terra bagnata, quell'odore che nei boschi lascia la pioggia, e si
impiglia e imprime nei vestiti e nella pelle e nella memoria. Il bosco sapeva
di casa. Luna sfiorò con le dita la corteccia liscia della betulla- e sentì di
nuovo la voce del Buio: un bisbiglio di lucciole in volo, e d’acqua che goccia
sulle foglie, e vento che soffia tra le canne e dolce suona la notte. La
betulla era cava, e al suo interno viveva il Bosco. Si dice che nelle notti di
luna piena, gli spiriti si incontrino per
ballare. Che i due mondi siano più vicini in assoluto. Erano lucciole.
Migliaia di luminosi insetti, e ballavano al ritmo della musica, e la betulla
era viva, e a guardarlo anche il bosco si muoveva a ritmo del suono. Il buio
non era più Buio, ma solo Bosco e notte.
Su un’orecchio di Luna si posò una
lucciola. Le sussurrò un segreto: era dove doveva essere. A casa. Vide sua
madre nell'albero cavo. Vide il suo volto riflesso dalle luci, e sentì il suo
profumo, ma muschiato e velato di bosco. E capì: il bosco non uccide. Il bosco
chiama ciò che è suo, e trasforma. Porta all'esistenza autentica, all'essenza.
Le tese una mano, e un insetto le si posò sull'indice, risalendo il polso con
un brivido. Nelle orecchie il vento che si era alzato iniziava a fischiare, e
risuonava come le onde del mare nelle conchiglie. Luna afferrò la mano di luce.
E vide. E sentì. Lei era il bosco, ed il bosco era lei. Una lucciola uscì dal
pigiama di seta adagiato al suolo, luminosa, si infilò nella betulla cava. Il
bosco si richiuse e si ritirò frusciando con la bassa marea di buio, scoprendo
le macchine e le case e lasciando che la luce del sole neonato svanisse la
rugiada e riempisse l’aria del suo odore silvestre. All'alba, il bosco era
tinto d’oro e di luce, vivo e sazio.
La notte e la Natura prendono sempre ciò che
gli appartiene.
Claudia Gianni
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