Elena non si reputava bella. Troppo bassa e troppo magra.
Capelli scuri che arrivavano appena alle spalle, leggermente ondulati, naso un
po’ aquilino, forse la bocca, quella sì, era bella. Labbra ben disegnate e una
manciata di perle bianche brillanti che si intravedevano le poche volte che
sorrideva.
Camminava con un’andatura svelta, le spalle leggermente curve,
vestita con i primi abiti che trovava nell’armadio, di solito jeans larghi,
scuri, corti e dritti fino alla caviglia, maglioncini troppo ampi di color
rosso o verde bandiera. Da lontano sembrava un manico di scopa con dei cenci
addosso, ma non se ne curava affatto, e degli uomini poi…, non le importava
proprio niente.
Giovanni, però, riuscì a vedere in lei quello che gli altri, non
osservando, non avrebbero mai scoperto. Lui era un rinomato pittore e per
giunta non amava le donne, era infatti omosessuale, ma inspiegabilmente
disegnava solo i volti femminili, ed era molto apprezzato e ben pagato
nell’ambiente. Elena viveva in una piccola casa gialla lungo il fiume assieme a
suo padre, pescatore anziano e malandato, e si guadagnava da vivere facendo la
cameriera alla tavola calda del paese. Quando era di servizio i suoi maglioni
erano coperti da un grembiule rosato e teneva i capelli raccolti a coda di
cavallo. Era una lavoratrice instancabile e, anche se sorrideva raramente,
la sua educazione era encomiabile. Nessuno la infastidiva, diciamo che
come donna non la vedevano neppure, e ciò non le dispiaceva in quanto non
avrebbe avuto da tenere a bada nessuno.
Quando Giovanni la vide per la prima volta le chiese senza
esitazioni di posare per lui come modella, Elena lo ringraziò, ma rifiutò dicendogli
che avrebbe dovuto cercare altrove la sua modella poiché non si riteneva né
bella, né particolare, e di conseguenza dipingendola sarebbe sicuramente caduto
in miseria.
Nonostante l’iniziale rifiuto, Giovanni non si arrese: coglieva
in lei qualcosa che riteneva dovesse essere mostrato al mondo intero, un qualcosa
che non poteva lasciarsi sfuggire.
Fu dunque talmente insistente che Elena acconsentì, tanto, Giovanni,
non le avrebbe dato nessun fastidio, al massimo non avrebbe venduto niente.
Iniziarono così una serie di sedute molto faticose. Elena
pensava infatti che dopo il lavoro si sarebbe seduta comodamente su una
poltrona e Giovanni le avrebbe ritratto il volto, ma lui non si limitò
esclusivamente a questo. La voleva migliorare come aspetto esteriore iniziando
dall’interno. Fu così che le assegnò delle letture ed Elena si trovò inspiegabilmente
a leggere libri di cui non aveva mai conosciuto il nome. Inizialmente ella protestò,
temeva di svanire e di venir meno a sé stessa se avesse ceduto alle richieste
di cambiamento, e forse aveva paura di osare e di vedere cosa sarebbe potuta
diventare se solo avesse avuto il coraggio di farlo, poi, considerando
tutto ciò un lavoro, e convincendosi che sarebbe sempre potuta tornare indietro
nel caso lo avesse voluto, seguì le indicazioni del pittore, acconsentendo addirittura
a farsi truccare leggermente il volto.
Grazie a Giovanni la ragazza iniziò a sentirsi suo malgrado notevolmente
cambiata, imparò a prendersi più cura del suo io interiore e anche di quello esteriore.
Anche se appariva diversa, in fondo continuava sempre a sentirsi un “manico di
scopa”, e dell’opinione delle persone continuava a non importarle niente.
La maestria di Giovanni nel dipingerla fu talmente sublime che i
primi ritratti ottennero uno straordinario successo e le cose continuarono ad
andar bene anche con i successivi. Stava terminando la rifinitura del naso del
suo ultimo lavoro quando ricevette una chiamata urgente: doveva tornare dalla
famiglia in Francia. Partì al più presto lasciando Elena alle sue sorti, ma
promettendole che sarebbe tornato a ritrarre quella sua ultima essenza
mancante.
Lei smise di fare la modella, e, senza Giovanni che si prendeva
cura di lei e che cercava di tirarle fuori una parte che non era nemmeno sicura
di avere, tornò nell’anonimato.
All’inizio dell’inverno suo padre morì, il cuore.
Si sentiva molto sola, triste e per la prima volta in vita sua,
prese una forte decisione: si licenziò, raccolse le sue poche cose che stavano
tutte in una piccola valigia, qualche soldo, e ancor prima di fare un
ragionamento serio con sé stessa, salì su un pullman che l’avrebbe portata in Francia,
da Giovanni.
Lui le aveva lasciato il recapito e il numero telefonico, così
che non le fu difficile la sera stessa accomodarsi in una tavola ben imbandita
in compagnia sua e dei suoi amici, tutti generosi e comprensivi nei
confronti di questa ragazza smarrita.
Qui ebbe inizio la sua fortuna economica. Gli amici di Giovanni tutti
artisti, chi nella musica, chi nella pittura, altri erano scrittori,
appartenevano ad un ambiente che lei non aveva mai avuto occasione di conoscere
veramente, se non in parte tramite Giovanni. Uno in particolare, di nome Carlo,
aveva una galleria nelle quale acconsentì di esporre i ritratti di Elena.
Quest’ultima col passare del tempo si era trasformata completamente, non aveva infatti
più niente della ragazza sgraziata e insicura di un tempo, era una donna
raffinata, elegante ed aveva pure imparato a sorridere, forse era proprio
quello il motivo per cui aveva smesso di notare la propria gobba nasale. Non
conobbe l’amore, non diventò mai madre, forse questo compito le parve troppo arduo,
ma di sicuro non le mancò mai l’affetto dei suoi amici, né la compagnia dei
libri. Troppo poco? A lei bastava così, si era realizzata in altre vie. Con
Giovanni rimase amica tutta la vita, e continuò a posare per tutti i suoi
ritratti fino al giorno della sua morte, giorno in cui pianse l’uomo che per
primo aveva creduto in lei e aveva visto e voluto far brillare una parte di cui
lei stessa aveva paura.
Giorgia Gambarini
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