Sole ascoltava il ticchettio del suo orologio nell'attesa che suonasse la sveglia, anche quella notte non aveva dormito più di un'ora. Come ogni sera, dopo aver dato da mangiare ai suoi due gatti, si era stesa sul letto in attesa che il sonno l'abbracciasse. Quell'attesa, da qualche settimana, si era rivelata vana.
A nulla erano serviti i sonniferi che quell'ometto baffuto che si professava medico le aveva somministrato. "Come è possibile?" si chiedeva lui, grattandosi il capo come se stesse scavando per trovarvi delle risposte, non trovando nemmeno il barlume di un'illuminazione. Quell'uomo non la rassicurava per niente e, se non fosse stato per i suoi genitori, Sole non avrebbe mai più messo piede in quell'asettico studio psichiatrico.
Sole aveva solo diciotto anni e già non ne poteva più degli strizza cervelli, i quali, da quando ne aveva dodici, la stordivano con quei cocktail di medicinali che, a loro parere, avrebbero fatto scomparire gli attacchi d'ira ed i momenti bui a cui la ragazzina si lasciava andare talvolta. Ed ecco che tutti quei sintomi che per anni avevano tormentato Sole erano svaniti nel nulla, ed erano stati rimpiazzati da quella malsana insonnia.
Nella notte, non sapendo che fare, Sole lasciava che la sua immaginazione scorrazzasse indisturbata, e si distraeva tanto che quelle sette ore passate a far nulla le parevano volare. "Dovrei scriverci un libro, sulle cavolate a cui penso nella notte" diceva tra sé e sé, ma poi, quando si svegliava da quell'ora di sonno, ricordava metà delle cose, e le idee che nella notte sembravano geniali, la mattina apparivano illogiche ed infantili.
E forse di notte appariva più vera, Sole, quella diciottenne pallida dal viso segnato da profonde occhiaie malamente coperte da un correttore scadente. Forse, quando il mondo dormiva, lei si risvegliava, e tutto ciò che non aveva lasciato trapelare durante il giorno sgorgava da lei inesorabilmente.
Il tempo passava e le visite all'ospedale erano sempre più frequenti, come erano più frequenti le dosi di medicinali che le venivano somministrate. Se lo chiedeva spesso, Sole, se non stessero cercando di sopprimerla, come si fa con i cani quando soffrono. Una notte quel pensiero si era attorcigliato alla sua mente e le stava così stretto da non farla a respirare: se non stavano provando ad uccidere lei, stavano provando ad uccidere il flusso che le scorreva in testa. Non prese la dose serale di medicinali e uscì di casa per non tornarvi più, forse per dar valore a quel flusso di pensieri sul quale i suoi genitori si erano tanto accaniti, forse per dimostrare a se stessa di avere potere sulle proprie azioni, di non essere costantemente controllata dai farmaci.
Di Sole non si seppe più nulla, alcuni credono abbia posto fine alla sua vita, altri giurano di averla vista aggirarsi nei boschi. È questo il bello di Sole, è per ognuno qualcosa di diverso, nessuno conosce la stessa versione dei fatti: Sole è tutti quei frammenti di verità che i suoi cari conservano di lei.
East Wind
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