giovedì 19 marzo 2020

Teresa




Avesse avuto uno specchio avrebbe visto uno straccio zozzo; i pori intasati dall’umidità della sabbia. I granelli correvano, piccoli, velocissimi, come le voci che sibilavano subdole e strappavano indistintamente pezzi della sua tenera carne.
Ostia, riconosceva le baracche sulla destra del lido. Ricordava delle corse sulla spiaggia, a mezzogiorno, quando l’aria salmastra esalava fumi di sale e alga pungenti. “Clà, occhio ai cocci!” urlava il papà. Quelle parole risuonavano nell’aria, rumorosa per i cori dei gabbiani. Poi uno sguardo verso le baracche, immaginava la risposta, ma chiedeva al papà cosa fossero. “so i zingari!”. Claudio, ad ogni respiro di tabacco del papà, si sentiva più lontano, più al sicuro, da quella miseria, che infondo lo incuriosiva. Ora, solo, infreddolito, non vede più niente di sublime in quelle baracche, lo inquietano, gli provocano una stretta alla bocca dello stomaco, che a stento gli consente di sedersi. La miseria, la sente nei capelli pruriginosi, nelle braccia secche, nella bocca amara. Le voci dei ricordi si fanno sempre più dure, soprattutto quella del padre. Ora nel ricordo più recente è fredda, senza calore, senza dolore, senza dispiacere. La fredda voce di un estraneo. Gli occhi di Claudio si gonfiano, increduli, vuole andare a casa. Si richiude in un pianto corrosivo, pieno di desolazione, potrebbe non terminare mai. Percorre la sabbia strusciando i piedi indolenziti, facendoli affondare nella sabbia che lontano dalla riva è già calda. Arrivato sulla strada una signora anzianotta gli sorride, vedendo il suo sacco malconcio e immaginando sia tutto ciò che ha. Con le buste tronfie di pane, gli allunga una piccola ciriola. Quel gesto gli fa male, nonostante la gentilezza della vecchietta gobba sciolga il suo volto rigido in un sorriso. Camminando verso la fermata del Cotral, una tristezza infinita lo pervade. Si accende una sigaretta. Teresa, i suoi capelli profumati di estate e tabacco, del loro balconetto soleggiato a Capena; disordinati, in cui perdeva ogni senso. Ogni mattina fissava il suo corpo morbido, dolce, avvolto nelle lenzuola e niente lo faceva sentire meno solo. Evidentemente lo stesso non valeva per lei. Teresa si sarebbe sentita sola in qualunque posto, in qualunque letto, o per lo meno questo era quello che ogni giorno la allontanava dalla vita. Ogni alba, rendeva Teresa più vuota, e la avvicinava sempre più a quel folle volo dalla finestra cucina. Claudio si sentiva ogni giorno più marcio, più di troppo in quella casa che tanto avevano faticato a comprare. Ora però si rende conto di quanto quella casa fosse il suo unico posto sicuro, ora che niente per lui è più casa. Claudio si sentiva ripugnante nei confronti di Teresa, percepiva i propri baci come violenti profanatori del suo tenero corpo. Il senso di inadeguatezza di Claudio, con l’assoluta introspezione di Teresa, creavano interminabili silenzi. Ora Claudio non sogna altro che tornare a quei silenzi, per squarciarli con parole di conforto, per la sua piccola Teresa. Pur sapendo che niente l’avrebbe salvata dal suo passato, incolpa se stesso per averla in qualche modo incastrata, per essere stato il limite alla sua libertà. Teresa aveva occhi profondissimi, Claudio cadeva in quegli abissi sperando di trovare felicità, eppure in lei leggeva unicamente solitudine. Solitudine. Claudio si sente solo al mondo. Arriva il Cotral, Claudio non lo prende.


Eugenia Elifani

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