venerdì 8 maggio 2020

Blog&Scuola - La voce del padrone


Un’iniziativa nata da un equivoco e alimentata dalla curiosità di approfondire concetti in cui siamo immersi ogni giorno.
Comprendere che i nostri manuali parlano non solo di date ma soprattutto di persone, che il lungo corso della storia è fatto di infinite storie, è il primo passo per dare un senso alle nostre conoscenze.

René Magritte  Collezione privata, olio su tela1964
Un uomo rispettabile,
non ostenta, non si esibisce,
integerrimo, si aggira per le strade 
tenendo stretto il suo sacco.
Un giorno in più,
e la sua sobrietà lo tradisce.

In mezzo alla piazza,
sospirano quieti,
i fantasmi della rivoluzione:
taciuta, imborghesita.
Il proletariato, sul ciglio della strada:
ammansito.
Ma basta un soffio-
e divampa la fiammella
sempre accesa.

E lì, un uomo,
in preda al delirio
farfuglia.
Non ha sperperato,
né un boccone da un altro piatto
ha mai osato mangiare.
Ma in lui dilaga la follia,
indiscreta,
poco rispettabile.                                

Qualcosa di inspiegabile,
ha preso piede prepotentemente.
Rincasato, si sente fuori luogo,
senza destare sospetti,
fugge.
Dall’ipocrisia, la sua,
e da quella prigione soffocante,
Un uomo rispettabile
  
Eugenia Elifani

La lattaia, Jan Vermeer 1660, Rijksmuseum
Nei palazzi la donna ligia,
rinchiusa dentro quattro mura.
Segue gli ordini silenziosa.
Segue le leggi della natura.

Legata alla famiglia,
a servizio della dimora.
Accudisce la tenera figlia
senza togliersi la maschera.

Religiosa e patriottica,
nella sfera privata
un’impresa eroica;
di condizione agiata

Trascorre la vita
in una gabbia,
come fosse punita-
ma la sua non è rabbia

Camilla Nebiolo
  
 Uomo con Zappa Jean-François Millet  1860–1862 
Uomini!

Uomini!

Abbandonate le terre comuni,
le zappe, gli aghi e le carrozze
e non badate agli infortuni

affinché produciate ricchezze.

Sacrificate pance piene,
fiumi puliti e salari alti,
venite alle mie catene
e reprimete gli assalti.

Inchinatevi al capitale,
che altro non potete,
e via la sanità mentale,                            
uomini che non siete!

Kelly Hu

"Gli Spaccapietre" Gustave Courbet, 165 x 257, 1849
E su e giù e avanti e indietro,
lo straccio si inalberava sul coltello, rivelando il valore dell'argento.
La mano ossuta dello sguattero teneva la posata
per la lama.
Un graffio attraversava il palmo.
Per esso scorreva il grido di cento generazioni,
il pianto di un bambino.
I calli e le zappe, le spighe e le pesche.
La quercia tortuosa e gli sterpi d'estate.
La fame, gli schiavi, i servi, i salari.
5 fratelli morti appena nati, un padre
zoppo.
Lo straccio si macchiò di una goccia di sangue
rossa come l'alba ventura.
Poi gli cadde il coltello.
                                             Lo vide il bambino.
Puntò il dito.
Rise.
"Me lo puoi raccogliere?"
Avanzò con quei calzoncini ridicoli,
Con quelle mani paffute
Si chinò buffo e un po' sbilanciato.
Gli diede il coltello.
"Vuoi pulirlo tu?"
Tutto contento il bimbo prese la pezza,
E cominciò a lucidare,
Con la meticolosità di un gioco.
Padroni si diventa.
Non ci si nasce.
E in quello straccio
È morto il padrone.


Tancredi Bendicenti


Giuseppe Molteni(1800–1867) Spazzacamino
Lo stivale del padrone


Anche quel giorno, quel lunedì londinese, Mister Wright fece la sua comparsa in fabbrica.
Nonostante il suo portamento rispettabile e l’aria bonaria, ispirata dall’età avanzata, Charlie sapeva di doversi tenere alla larga dal padrone, o meglio dai suoi stivali. Non era infatti raro che Mister Wright spronasse i suoi operai, in particolare i più giovani e i bambini, a lavorare più assiduamente a suon di calci, sempre che non fosse impegnato a tastare la magrezza delle operaie sotto le loro sottane.
Charlie si concentrò sullo sporco incrostato sui tubi, sui fili incastrati fra i vorticosi ingranaggi e sulle perdite di acqua che rischiavano di arrugginire il ferro. Procedeva meccanicamente, in simbiosi col metallo che lo circondava, ignorando il tempo che scorreva attorno a lui.
Gli ultimi raggi di sole filtravano così fra le braccia metalliche quando il silenzio piombò sulla fabbrica di bottoni Wright. Una ad una le macchine smisero di lavorare. Decine di rumori di passi echeggiavano nel padiglione ormai fermo, dove un campanello di operai si era riunito presso un enorme calderone.              
Uscì strisciando dal buco dove lavorava, cercando così di farsi lago fra le gambe dei lavoratori lì riuniti, riuscendo a cogliere solo uno sprazzo della scena che gli si presentava davanti.
Fra gli organi grigiastri d’una macchina si nascondeva, tremante, un bambino pelle e ossa, poco più piccolo di lui. Fissava con un misto di sconcerto e terrore la gamba di un uomo, incastrata fra delle assi metalliche, a pochi centimetri da quel volto puerile.
Sul pavimento, un fiore vermiglio di sangue s’allargò dalla testa dell’uomo fino a raggiungere l’altra gamba, innaturalmente piegata sul pavimento fangoso, dove ormai lurido, giaceva uno stivale.
Federico Tortorella

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