giovedì 7 maggio 2020

Il ragazzo che scriveva quadri – Capitolo III




Ti starai chiedendo cosa io stia cercando di dirti con questa lettera. Ma nemmeno io so dove voglio arrivare. Il tempo scorreva e dovevo fare qualcosa, prima che fosse troppo tardi. Il punto è che per una volta voglio essere io a raccontare, a spiegarti. Non fare quella faccia, ti prego. So che avrai molto tempo a disposizione, quindi quando avrai voglia, continua a leggere.

La mia vita dopo quell’estate incasinata aveva riacquistato la sua apparente perfezione. Avevo superato la rottura con il mio ex e con Tommaso stavo bene. Devo riconoscere, anche se questo già lo sai, che senza di lui non mi sarei ripresa così in fretta. Non dico che stavo bene ma certamente meglio. Eppure no. Avevo comunque un vuoto e mi sentivo in colpa perché credevo che non mi sarei mai accontentata di nessuno. Come quando al mare scavi una buca sulla riva, poi passa un’onda e la buca è meno profonda ma tu non ti arrendi e la riscavi. Ecco, io credevo di fare lo stesso con tutte le persone che dicevano di amarmi. Mi facevano stare meglio e poi io dovevo creare un nuovo problema che solo una persona diversa avrebbe potuto risolvere e così via. Forse se avessi smesso di crearmi tutti quei problemi inutili dal nulla mi sarei potuta godere di più quello che mi circondava. Forse avrei messo fine prima a quella mia incessante ricerca continua di qualcosa di diverso. Ma non sono qui nemmeno per discutere su quella che sarebbe potuta essere la mia vita. Sai perché? Perché non la rimpiango, nemmeno un pochino. Perché è stata quella vita a portarmi a te e a rendermi quella che oggi sono fiera di essere.
Io non te l’ho mai detto, ma io ero a quella festa solo perché quella mattina avevo litigato con Tommaso. Ovviamente per un motivo insignificante che nemmeno ricordo. Saremmo dovuti uscire insieme ma dopo avevo deciso di rimanere a casa e basta. Non ne potevo più, tanto da preferire di restare da sola a casa mangiando sushi guardando Netflix di sabato sera. Mentre praticamente tutta la scuola era a quella festa. Mi ero appena messa sul divano con una bella coperta e la cena accanto quando, mentre accendevo la tv, suonò il citofono. “Ma chi è adesso! Ma cosa vogliono tutti da me, ci vuole tanto a lasciarmi in pace?” urlai. Utilizzando ulteriori espressioni di frustrazione anche meno educate, mi alzai di scatto e, con il mio tono più scontroso, risposi: “Chi è?”
“Lalla scendi che altrimenti facciamo tardi alla festa!”
“Bea ma sei impazzita? Se è uno scherzo non fa ridere. Ciao”.
Detto ciò, mi diressi verso il mio tanto desiderato divano. Mi sedetti e… il telefono. Non poteva essere vero. Risposi. “Lalla fammi salire ora” ed io non ebbi molta scelta.
“Ti do venti minuti per farti una doccia e truccarti. Io nel frattempo ti scelgo il vestito” mi disse, mentre apriva il mio armadio. E così avvenne che, senza neanche rendermene conto, un’ora dopo ero nell’ultimo posto al mondo dove mi sarei voluta trovare. Il locale era enorme e già all’ingresso mi sentivo disorientata, ma sorridevo. Tantissima gente mi conosceva e mi veniva a salutare. Le solite cose: “Ciao Lalla! Ma stai benissimo! Che bello che sei venuta! Tutto bene? Si anche io tutto a posto. E Tommi dov’è?” E io che non potevo far altro che sorridere e dirigermi verso il bar per un drink con le mie amiche per sopportare la situazione. Forse più di un drink. Alla fine mi stavo quasi divertendo, non sentivo più nulla ballando tra la folla, pervasa dalla musica e dall’alcol. Poi però è successo che in un attimo di lucidità ho intravisto Tommi. Mi sono sentita improvvisamente schiacciare da tutta quella gente e avevo bisogno di prendere aria. Mi feci largo e uscii, cercando di passare inosservata. Ti ricordi che bella notte che era? Una di quelle che ci sono solo a Roma. Poi, una serata così in centro è ancora più bella e l’uscita del locale dava proprio su uno di quei vicoli vicino piazza Navona. Quando uscii, di fronte a me, appoggiato con la schiena contro il muro di uno di quei palazzi storici, a guardare la luna, c’eri tu. Mi fermai di colpo. Non è che avevo bevuto troppo? Ma eri proprio tu e ancora una volta ero io che non riuscivo a distogliere lo sguardo da te, ma stavolta ci venni a parlarti, ci venni eccome.

Liliana Gaddi

Il Blog consiglia:

PODCAST - Una testimonianza da Gaza: Intervista alla Dottoressa Elvira Del Giudice

Il podcast del Blog degli Studenti giovedì 16 novembre 2023 ha ospitato la Dottoressa Elvira Del Giudice. La Dottoressa ci ha fornito una te...

Top 5 della settimana