“Non c’è nulla di più
vero di una matrioska” le disse, guardandola negli occhi.
“Ma sei matta? Sei venuta
qui solo per dirmi questo?” rispose esterrefatta.
“Beh, tu non ci arrivavi
da sola… qualcuno doveva pur dirtelo”.
Disillusa, per l’ennesima
volta, le voltò le spalle e si diresse verso la finestra:
“Eppure io speravo che
questa fosse la volta buona” sospirò, guardando lontano.
“È sempre stata la volta buona. Dipende solo da te” sentì la sua voce alle sue spalle.
La principessa era
rinchiusa nel castello da quando era nata. Era un castello molto grande, con
varie stanze, un vasto giardino e anche tanto personale. Era talmente grande
che quando era piccola non aveva capito né di vivere rinchiusa né di viverci completamente
da sola: chi veniva per lavorare la sera andava via, mentre i suoi genitori non
li aveva mai conosciuti. L’uscita era nascosta e lei non si era mai preoccupata
di cercarla. Per questo all’età di dieci anni la rinchiusero nella sua stanza.
“Fatemi uscire!” urlò per qualche giorno. Poi, quando ebbe esaurite le lacrime,
pensò che se anche fosse uscita, non sarebbe mai andata oltre le alte e spesse
mura del castello. E capì che aveva sempre vissuto rinchiusa. Si accorse per la prima volta che la sua
stanza era spoglia e pensò di iniziare a decorarla. Aveva infatti capito che se
la richiesta non era quella di uscire, il personale era ben disponibile ad
accontentarla. Si fece portare pennelli e colori e si mise a dipingere sui
muri, poi si mise a ballare, a cucire, a cantare, a suonare, a leggere, a
studiare, a scrivere, a giocare con tutto ciò che aveva… scoprì di avere ancora
più passioni di quante non fosse consapevole. Per un anno, per due, per cinque,
ma poi smise di avere voglia di inventare un passatempo dopo l’altro. A
quindici anni voleva uscire da quella stanza, ormai troppo piena di passioni,
di ricordi, di pensieri, di oggetti. Tornò a guardare fuori dalla finestra come
aveva fatto in quei primi giorni di reclusione. Cominciò a convincersi che il
giorno del suo salvataggio fosse vicino, che presto il suo principe azzurro
sarebbe arrivato a salvarla. Se lo immaginava proprio: avrebbe spalancato la
porta con un calcio, sarebbe corso verso di lei, avrebbe afferrato la sua mano
e insieme sarebbero corsi giù per le scale, oltre l’uscita nascosta e, superata
la soglia del castello, lui l’avrebbe baciata. Ma questo non avveniva mai. Aveva
sperato che il giardiniere che le portava i fiori per la finestra potesse
essere il suo principe, aveva sperato che il cameriere che per un periodo le
aveva portato la colazione potesse essere il suo salvatore, poi il giullare di
corte, poi il suo istitutore, ma niente. Se il suo salvatore non arrivava né da
dentro il castello né da fuori, come poteva lei sperare di uscire mai da quella
stanza? Poi aveva iniziato a ricevere visite strane. Prima una fata, poi un
folletto, poi un poeta, poi un monaco e ora questa… cosa diceva di essere? Ah
sì, una Ninfa della fonte Nitrodi. E tutti le dicevano cose strane,
incomprensibili, e certamente non la tiravano fuori di lì. Tutto inutile
insomma.
“Non c’è nulla di più
vero di una matrioska” continuava a ripetere.
“Va bene, vuoi spiegarmi
anche perché, Ninfa?” si rivolse a lei con un tono di sfida misto ad ironia.
“La vita è un continuo
cammino verso la consapevolezza di sé. È come una matrioska perché non si
smette mai di scoprire un nuovo strato della propria personalità e appena si
pensa di capire qualcosa, si scopre che in realtà si sa ben poco. È un evolvere
quasi all’infinito, fino a quando Anima e Universo sono una cosa sola. Tu,
invece, rimani ferma. Hai deciso di non evolvere e quindi sei qui”.
“Scelto? Ma di che stai
parlando? Ti sembra forse che io abbia voluto rimanere rinchiusa qui?”
“Certo, ognuno è interamente
responsabile per la propria vita a prescindere dalle azioni degli altri. Anche
quando ci sembra che le circostanze e le disgrazie ci costringano, siamo noi a
scegliere di non vedere l’alternativa. Ti hanno chiusa qui, ti hanno detto che
non potevano farti uscire, ma non ti hanno mai detto che tu non potevi uscire
da sola. Hai sempre sperato che qualcuno venisse a salvarti ma non hai mai
pensato di avere dentro di te tutte le risorse per farlo da sola. Prova adesso
se non mi credi, tocca quella maniglia e dì: “Io ora esco da qui”.
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