mercoledì 22 luglio 2020

Nulla di più vero di una matrioska


“Non c’è nulla di più vero di una matrioska” le disse, guardandola negli occhi.

“Ma sei matta? Sei venuta qui solo per dirmi questo?” rispose esterrefatta.

“Beh, tu non ci arrivavi da sola… qualcuno doveva pur dirtelo”.

Disillusa, per l’ennesima volta, le voltò le spalle e si diresse verso la finestra:

“Eppure io speravo che questa fosse la volta buona” sospirò, guardando lontano.

“È sempre stata la volta buona. Dipende solo da te” sentì la sua voce alle sue spalle.

La principessa era rinchiusa nel castello da quando era nata. Era un castello molto grande, con varie stanze, un vasto giardino e anche tanto personale. Era talmente grande che quando era piccola non aveva capito né di vivere rinchiusa né di viverci completamente da sola: chi veniva per lavorare la sera andava via, mentre i suoi genitori non li aveva mai conosciuti. L’uscita era nascosta e lei non si era mai preoccupata di cercarla. Per questo all’età di dieci anni la rinchiusero nella sua stanza. “Fatemi uscire!” urlò per qualche giorno. Poi, quando ebbe esaurite le lacrime, pensò che se anche fosse uscita, non sarebbe mai andata oltre le alte e spesse mura del castello. E capì che aveva sempre vissuto rinchiusa.  Si accorse per la prima volta che la sua stanza era spoglia e pensò di iniziare a decorarla. Aveva infatti capito che se la richiesta non era quella di uscire, il personale era ben disponibile ad accontentarla. Si fece portare pennelli e colori e si mise a dipingere sui muri, poi si mise a ballare, a cucire, a cantare, a suonare, a leggere, a studiare, a scrivere, a giocare con tutto ciò che aveva… scoprì di avere ancora più passioni di quante non fosse consapevole. Per un anno, per due, per cinque, ma poi smise di avere voglia di inventare un passatempo dopo l’altro. A quindici anni voleva uscire da quella stanza, ormai troppo piena di passioni, di ricordi, di pensieri, di oggetti. Tornò a guardare fuori dalla finestra come aveva fatto in quei primi giorni di reclusione. Cominciò a convincersi che il giorno del suo salvataggio fosse vicino, che presto il suo principe azzurro sarebbe arrivato a salvarla. Se lo immaginava proprio: avrebbe spalancato la porta con un calcio, sarebbe corso verso di lei, avrebbe afferrato la sua mano e insieme sarebbero corsi giù per le scale, oltre l’uscita nascosta e, superata la soglia del castello, lui l’avrebbe baciata. Ma questo non avveniva mai. Aveva sperato che il giardiniere che le portava i fiori per la finestra potesse essere il suo principe, aveva sperato che il cameriere che per un periodo le aveva portato la colazione potesse essere il suo salvatore, poi il giullare di corte, poi il suo istitutore, ma niente. Se il suo salvatore non arrivava né da dentro il castello né da fuori, come poteva lei sperare di uscire mai da quella stanza? Poi aveva iniziato a ricevere visite strane. Prima una fata, poi un folletto, poi un poeta, poi un monaco e ora questa… cosa diceva di essere? Ah sì, una Ninfa della fonte Nitrodi. E tutti le dicevano cose strane, incomprensibili, e certamente non la tiravano fuori di lì. Tutto inutile insomma.

“Non c’è nulla di più vero di una matrioska” continuava a ripetere.

“Va bene, vuoi spiegarmi anche perché, Ninfa?” si rivolse a lei con un tono di sfida misto ad ironia.

“La vita è un continuo cammino verso la consapevolezza di sé. È come una matrioska perché non si smette mai di scoprire un nuovo strato della propria personalità e appena si pensa di capire qualcosa, si scopre che in realtà si sa ben poco. È un evolvere quasi all’infinito, fino a quando Anima e Universo sono una cosa sola. Tu, invece, rimani ferma. Hai deciso di non evolvere e quindi sei qui”.

“Scelto? Ma di che stai parlando? Ti sembra forse che io abbia voluto rimanere rinchiusa qui?”

“Certo, ognuno è interamente responsabile per la propria vita a prescindere dalle azioni degli altri. Anche quando ci sembra che le circostanze e le disgrazie ci costringano, siamo noi a scegliere di non vedere l’alternativa. Ti hanno chiusa qui, ti hanno detto che non potevano farti uscire, ma non ti hanno mai detto che tu non potevi uscire da sola. Hai sempre sperato che qualcuno venisse a salvarti ma non hai mai pensato di avere dentro di te tutte le risorse per farlo da sola. Prova adesso se non mi credi, tocca quella maniglia e dì: “Io ora esco da qui”.

La principessa non poteva credere alle sue orecchie. Mise la sua mano sulla maniglia, pronunciò quelle parole e la porta si aprì. Scese le scale, ai domestici che incontrava diceva che usciva e loro, commossi, la salutavano. Uscendo vide il giardiniere, l’istitutore, il cameriere, il giullare e li salutò. Il suo intuito la guidò in poco tempo fino ad una porticina di legno che mai aveva notato prima. Era aperta. Oltrepassò l’uscio. “Non c’è nulla di più vero di una matrioska” pensò. Non si voltò indietro. Camminando verso il suo futuro pensò che quello che aveva detto la Ninfa era vero. Lei, in fondo, lo aveva sempre saputo: per quanto si convincesse del contrario, era stata lei a scegliere di non uscire. Si può sempre scegliere da che parte andare, e se ci sembra di no, stiamo percorrendo la nostra strada ad occhi chiusi.

Liliana Gaddi

Il Blog consiglia:

PODCAST - Una testimonianza da Gaza: Intervista alla Dottoressa Elvira Del Giudice

Il podcast del Blog degli Studenti giovedì 16 novembre 2023 ha ospitato la Dottoressa Elvira Del Giudice. La Dottoressa ci ha fornito una te...

Top 5 della settimana