mercoledì 26 agosto 2020

L'anno all'estero: un'opinione

 


Quest’anno l’ho passato  in America come studente exchange e, dopo essermi concesso svariati mesi per metabolizzare il tutto, ora mi sembra un momento opportuno per condividere questa mia esperienza.

Ahimè cercare di riassumere un anno in poche righe  è un’impresa che va sia oltre le mie capacità narrative, sia oltre il vostro interesse, perciò farò del mio meglio ad affrontare i temi più interessanti, dispensando i consigli migliori possibile a chi voglia per caso intraprendere un esperienza di questo tipo.

Inizierei dicendo che l’America è parte integrante del nostro stile di vita, i nostri modi e costumi sono inevitabilmente influenzati o connessi con uno stile “americano” perciò per comprendere al meglio il nostro mondo è necessario conoscere ciò che ci si sviluppa attorno (e viceversa).

E così ho deciso di partire per il mio quarto anno, inutile dire tutti i timori che la mia organizzazione ha cercato di scacciare e persuadere via dalla mia mente, si sono riproposti...paura di non ricordarmi nulla del programma italiano al mio ritorno, di non essere preparato, di non trovarmi a mio agio, insomma, tutte quelle paure congenite ad un adolescente abituato a vedere i paesi del mondo solo come meta turistica.

Stavolta era qualcosa di diverso, ero forzato a mettermi in gioco, provare cose nuove, conoscere persone diverse per non cadere in un abisso tra la nostalgia e la noia.

Dopo l’inizio della scuola la metà dei miei problemi si sono risolti da soli, sebbene il sistema scolastico sia pressoché decente in quanto alla mole dello studio e dell’impegno, è un sistema perfettamente integrato sia alla comunità sia al mondo del lavoro.

Essendo abituato a materie come greco o italiano ho deciso di deviare quasi completamente il mio corso di studi, anche per l’assenza di molte materie in comune con un indirizzo classico, e dedicarmi, dove possibile, a materie più pratiche o aliene alla scuola italiana.

Il risultato è stato ovviamente perdere la conoscenza di tre anni di greco e latino nel giro di minimo due mesi (era inevitabile che accadesse una simile tragedia).

La scuola è senza la minima ombra di dubbio la migliore parte di un’esperienza all’estero; sia gli altri studenti che tutti i professori sono stati il pilastro su cui la mia rinata voglia di andare a scuola si basava.

Pur non essendo estraneo ad un tipo di scuola comunitario come quello che abbiamo qui al de Merode, in America, la scuola crea un ambiente perfetto per lo studente, offrendo centinaia di possibilità di relazionarsi, corsi, progetti, eventi sportivi...rendendo più facile fare amicizie e trovare nuovi interessi.

Dato che, per ovvie ragioni, quest’anno gli studenti exchange sono stati rimpatriati in anticipo, il settore dello studio all’estero si trova in una posizione dubbia, soprattutto per quanto concerne gli Stati Uniti.

Sebbene ci siano problemi immensamente maggiori ad un’anno all’estero saltato, spero vivamente che coloro i quali sperano in un’esperienza simile siano accontentati.

Malgrado le paranoie che ho dovuto affrontare non so trovare un motivo valido per non intraprendere un viaggio di questo genere, consiglio caldamente a chiunque ne abbia la possibilità di partire per questa avventura.

Livio Sacchetto

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