Sono le 3.59 del mattino e sono alla stazione di Castellaneta in attesa del treno che mi riporti a casa. Una leggera brezza mi fa venire la pelle d'oca, mi porto una mano alla testa e sento che la sabbia è ancora impigliata tra i miei capelli. Sulle note di Lucio Dalla penso e ripenso agli avvenimenti che mi hanno portato ad andarmene così, nel cuore della notte, senza lasciare nemmeno un biglietto. Mentre mi perdo nei miei pensieri avverto la presenza di un'altra persona sulla banchina, mi volto di scatto, assalita da un insensato brivido di ansia e malinconia. La sagoma si confonde con l'ombra della notte: un uomo basso e tozzo, ha con sé una borsa molto grande. L'uomo si siede accanto a me; la luce del lampione ne rivela il volto segnato da profonde rughe. Mi volto verso di lui, venendo trafitta dal suo sguardo. I suoi occhi sono fissi su di me, immobili, penetranti. Passa qualche secondo e lo sconosciuto estrae un libro a fumetti dalla sua borsa, porgendomelo. Dopo un primo tentativo di ignorarlo, annullato dalla sua meticolosa insistenza, afferro il giornalino sfoggiando un sorriso di cortesia, tra l'inquietudine e la paura. Aprendo la prima pagina mi rendo conto che le vignette erano state accuratamente cancellate con un pennarello nero, lasciando liberi solo gli spazi bianchi tra una scena e l'altra.
Deve essere un pazzo. Mi rivolgo a lui, senza guardarlo e con voce tremante:
"Non si legge nulla, cosa mi vuole dire"
"Tutto, tutto le voglio dire"
"Mi spiace ma non capisco, è tutto cancellato"
"Mia cara, è il bianco, c'è tutto un mondo nel bianco."
Devo essermi addormentata, è un sogno. Posso solo assecondarlo.
L'uomo mi fissa con lo sguardo di chi ti ha appena svelato il mistero della vita.
"Lei si sofferma su ciò che non vede e io non esisto. Lì io non ci sono: sul nero vince solo il bianco! Capisce adesso?"
"Inizia ad essermi chiaro, certo" Fingo.
"Oh finalmente! Sapevo avrebbe capito, noi condividiamo lo stesso panico da foglio bianco!"
"Sì in effetti il bianco mi terrorizza"
"Lei è d'accordo con me che dobbiamo lottare per quello spazio? Nessuno può privarci dell'unica cosa in cui siamo liberi! Noi dobbiamo essere liberi di vivere nel panico più totale!"
"Non mi piace l'idea di vivere nel panico"
Il tempo stringe. Sta arrivando il treno.
"Devo andare" mi dispiace abbandonarlo da solo "ci rincontreremo"
"Mi scusi se ho dipinto di nero la sua vita, volevo solo che lei fosse libera"
"Mi scusi?"
"Ci rivedremo a pagina 12, a presto mia cara"
Distolgo per un secondo lo sguardo dall'uomo, e quando mi volto nuovamente verso di lui è scomparso; è svanito nel nulla come una nuvola di fumo. Mi chiedo se non mi fossi immaginata tutto, se quella strana conversazione fosse davvero avvenuta. Salgo sul treno con aria trasognata e mi siedo dal lato del finestrino. Proprio mentre sto per prendere sonno mi salta all'occhio un libricino colorato: "Vita vera, meno vera del reale".
Freneticamente cerco la pagina 12, e con estremo stupore mi vedo lì, in una vignetta, sulla banchina assieme a quell'uomo tozzo. Ci siamo rivisti.
"Lotta per il bianco, la vita è tutta lì"
Le vignette successive sono vuote, come se dovessero essere ancora disegnate.
Daria Vescovi
(ispirata da un racconto di Gianrico Carofiglio)
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