Il 17 ottobre si è tenuta una manifestazione Pro Vita e Famiglia a Piazza del Popolo per bloccare l’approvazione della legge Zan (contro l’Omobitransfobia), che, a dir dei partecipanti, “è inutile e mette un bavaglio alla libertà di espressione”. Come risposta a Piazza della Rotonda, lo stesso giorno davanti al Pantheon, si sono riunite varie associazioni LGBTQ+ e femministe, per avviare una contro-protesta, alla quale io e un’altra scrittrice del blog abbiamo partecipato.
Cos’è
e perché la legge Zan è fondamentale che passi nel nostro paese;
Questa legge, ideata e proposta nel luglio del 2018 e
che approderà in aula il 20 di ottobre, prevede la modifica dell’articolo 3,
includendo i reati di omofobia e transfobia tra i crimini di odio che prevedono
le sanzioni penali introdotte dall’articolo;
L’articolo, difatti, cita i crimini motivati da etnia,
razza, sesso, religione e lingua, ma non da sessualità e genere.
La legge, quindi, permetterebbe di condannare atti
come licenziamenti o violenza motivati dall’odio verso la comunità LGBTQ+ e
tutti coloro che ne fanno parte.
Molte persone credono che la comunità Queer non sia
discriminata qui in Italia e che di conseguenza non sia una legge necessaria,
ma i dati affermano il contrario; l’associazione Amnesty International, con
l’indagine "Gli italiani e le discriminazioni", realizzata in collaborazione
con la Doxa, spiega cosa pensa il Paese dell’incidenza di questi fenomeni in
Italia e nel mondo. L’indagine, difatti, si è basata su uno studio realizzato
su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta (tra 18 e 70
anni) e ha fatto emergere dati non proprio incoraggianti.
Il 61,3 per cento dei cittadini di età compresa tra 18
e 74 anni, infatti, ritiene che in Italia gli omosessuali siano molto o
abbastanza discriminati.
D’altronde il 40,3 per cento delle persone LGBTQ+ afferma
di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24 per cento a scuola o
nell’università mentre il 22 per cento sul posto di lavoro.
Niente di sorprendente da parte di un popolo il cui
55,9 per si dichiara d’accordo con l’affermazione: «se gli omosessuali fossero
più discreti sarebbero meglio accettati», mentre il 29,7 per cento dice che «la cosa migliore per un omosessuale è non dire agli altri di esserlo».
L’Italia è uno dei pochi paesi occidentali, assieme
alla Russia e alla Turchia, a non avere tutt’ora una legge che preveda come
aggravanti l’orientamento sessuale e l’identità di genere.
La
manifestazione del 17 ottobre;
Durante la manifestazione, tenutasi alle 16:30 fino
alle 18:00, si sono discussi varie motivazioni per cui la legge Zan è
necessaria e non attacca la libertà di espressione.
Sono stati citati, difatti, crimini come quello di
Maria Paola Graziani, buttata giù da un motorino in corsa, insieme al fidanzato
transgender Ciro, dal fratello, uccidendola sul colpo, solo perché non
accettava la relazione fra i due e la considerava “malata”.
Inoltre si è parlato di come molte persone, fra membri
della LGBTQ+ e donne, subiscano discriminazioni a livello giornaliero; ci
racconta uno dei ragazzi ,che ha parlato durante la protesta, come egli abbia
imparato a specificare di volere un letto matrimoniale, quando affitta una
camera singola con il suo fidanzato, in quanto è capitato più volte che, senza
chiedere, gli dessero una camera con due letti separati, immaginando fossero
solo amici, o quando ,andando invece con una amica, gli sia stata data una
camera matrimoniale.
Una senatrice ci racconta, invece, come molto spesso
le è capitato che, andando al ristorante, supponessero sempre che il marito
fosse il senatore, immaginando che solo un uomo possa ricevere l’incarico di
senatore nel nostro paese.
Queste vicende, che sembrano piccolezze, ci aiutano a
comprendere come in Italia vi sia ancora un pensiero della società come
patriarcale ed etero-normativa; cosa che va corretta con l’educazione e leggi
che possano tutelare le minoranze più indifese nel nostro paese e combattere la
terribile idea che proteggere delle persone da insulti e denigrazione sia una
violazione della libertà di espressione.
Marco Panzironi e Flavia Gatti
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