sabato 21 novembre 2020

Come imparare a nuotare in tre minuti



Era in un'infinita distesa d'acqua.

L’immenso oceano, privo di onde, schiuma o sabbia, arrivava fino alle sue ginocchia.

Vedeva il suo vago riflesso emergere fuori dall’acqua, come se quel corpo sotto i suoi occhi fosse privo dell’anima.

Non riusciva a sentire nulla, né a vedere qualcosa oltre il mare. Non riusciva nemmeno a muovere le gambe avvolte dall’acqua tiepida, chiara, infinita.

Si guardava in giro. L’universo sopra la sua testa era limpido. Oltre a questo, non si vedeva niente. Riusciva a stento a decifrare la linea che divide i due azzurri. Tutto si colorava in un intenso celeste indescrivibile, senza nessun segno di vita.

Toccava con le mani l’acqua calma.

All’improvviso nel cielo apparve un occhio gigantesco come una nebbia sospesa a mezz'aria che la stava fissando dall'alto a chilometri dalla sua testa. Lei cominciò allora a guardalo con una certa incertezza, cercando di comprendere qualcosa.

Non sapeva per quanto tempo fosse rimasta ad osservare quella strana creatura, ma stava immaginando l’occhio come se fosse un tornado che soffiava su questo oceano indeterminato.

E così fu.

Dalla pupilla dell’occhio si era generato un gran vento che girava intorno a lei. L’acqua, che prima era immobile in una quiete profonda, cominciava ad oscillare, fino a formare alte onde allontanandosi e poi avvicinandosi ai suoi piedi. Riusciva finalmente a camminare, credeva.

Ma si rese conto che sotto c’era un vuoto.

Tutta quell’acqua che la stava circondando, scompariva dalla sua vista oltre l’orizzonte, come le nuvole, che si erano sacrificate per la pioggia, non avevano lasciato nessuna traccia della loro esistenza.

I suoi piedi si trovano sopra un vuoto.

Poteva osservare che sotto non c’era niente: la terra che credeva di calpestare era l’universo. Il vuoto, che riempiva tutto lo spazio, lo faceva immobilizzare. Infatti non aveva nemmeno il coraggio di andarsene, perché aveva paura di cadere nel profondo infinito e di scomparire, essere vaporizzata, come le nuvole.

Ma stava scendendo, cadendo come una piuma dalla calma, limpida distesa.

Non sapeva dove stava vagando con gli altri. Ma il soffio del tornado non le permetteva nemmeno di decifrare i volti di questi "altri".

Sentiva il vento volare intorno a lei, sentiva l’aria che lo copriva.

Sentiva anche il frusciare delle foglie degli alberi ed i richiami degli uccelli.

Continuava a cadere, fino a toccare per la prima volta l’umido terreno del pianeta.

Era una goccia della pioggia.

Alessia Zhang

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