Poco meno di un anno fa, ho avuto la sfortuna di trovare, sotto ad un post dedicato alla commemorazione
dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, il commento "Ao ma state a rivanga' le guere puniche... So' passati 70 anni... Ce so' altri problemi". Ed oggi un non-pensiero del genere, una tentazione del genere, un crimine del genere, è ancora più facile, più vicino. Veniamo da una crisi, viviamo una crisi, che ha messo in ginocchio il sistema produttivo, sanitario e sociale del mondo intero. Perciò si potrebbe dire: "Questo 27 gennaio, c'è altro a cui pensare". Io non posso accettarlo. Noi, non possiamo accettarlo. Oggi non è una giornata di ricordo fine a sé stesso. Non è un momento usa e getta, declinato in un film triste o in un discorso. Oggi è una giornata di riflessione. Oggi, ci guardiamo allo specchio. E ci chiediamo ciò che noi, esseri umani, siamo stati capaci di fare. Perché, sí, ad Auschwitz, carnefici e vittime erano umani quanto me. Quanto te. Sorretti dalle stesse ossa, irrorati dallo stesso sangue, mossi dallo stesso cervello, dalla stessa anima. Ora riflettiamo sul punto più basso mai toccato, sul prodotto infimo dell'Homo Sapiens. Una fabbrica. Una fabbrica di morte, fine a sé stessa, inutile, immotivata. E si sminuisce il problema parlando di "bestialità": sempre, nella storia, la violenza si è espressa nei modi più atroci e barbari. Auschwitz, invece, è stata la mostruosa ipostatizzazione della ragione strumentale, il congegno calibrato di un sistema ottimizzato, atto all'annientamento prima spirituale e poi fisico dell'individuo. Questo è il paradosso: l'intelligenza messa al servizio della follia, in una distorta dialettica dell'illuminismo. Pensiamo, perciò. Studiamo. Agiamo. Perché l'uguale può sempre tornare, ed il male non fa eccezione.
Tancredi Bendicenti
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