lunedì 11 gennaio 2021

Sanpa

 


“Italia, fine anni 70

La mafia sta inondando le strade di eroina.

La droga a basso costo minaccia di distruggere una generazione.

Con lo stato impotente, un uomo vuole salvare i tossicodipendenti…

.. con ogni mezzo necessario”

È questa la premessa della discutissima miniserie “Sanpa” uscita da poco su Netflix.

Con un interessante spaccato sociale tra gli ultimi anni settanta fino ai primi anni novanta, la serie analizza la vicenda di Vincenzo Muccioli e la comunità di San Patrignano. Muccioli accoglie negli ultimi anni 70 un piccolo gruppo di ragazzi tossicodipendenti in un’umilissima comune, destinata a diventare nel tempo una sorta di cittadina indipendente. I ragazzi, con un repentino e talvolta violento distacco dall’eroina tentano di recuperare un contatto con la vita reale. A partire dal lavoro manuale e dai rapporti umani Muccioli salva moltissimi ragazzi. I suoi metodi assolutamente discutibili, la sua personalità contradittoria e talvolta megalomane, e soprattutto drammatiche vicende all’interno della comunità, portarono il fondatore di essa ad essere tra gli uomini più amati e odiati d’Italia. Io, nata negli anni duemila, sono cresciuta con la parola “diritti” già preesistente nel mio vocabolario di base, spesso confinata nella retorica, o data per certa. È proprio qui che riaffiora il dibattito sulla figura di Muccioli, all’insegna dei "diritti" della persona. Muccioli ha utilizzato le catene, questo è innegabile: furono portate davanti al giudice durante il processo chiamato appunto “delle catene”. Il pensiero di incatenare una persona è ovviamente inaccettabile. Tuttavia mi ha fatto riflettere come questi ragazzi furono considerati tali dall’opinione pubblica, solo a fronte dell’onda mediatica scatenata dalla popolarità di Muccioli. Non giustificherei mai questi comportamenti coercitivi, né sono io in grado di dare un giudizio approfondito sulla questione. È pero innegabile che quelle che furono le vere vittime “erano soltanto dei tossici”. Ragazzi che vagavano come zombie per le città, morti ogni notte di fronte agli occhi di tutti. Famiglie disperate e indebitate per comprare l’eroina ai figli, pregavano Muccioli affinché li accogliesse. Il discorso sulla loro dignità e incolumità nacque nel momento in cui qualcuno li tolse dalle strade. Di fronte a figure contraddittorie come quella di Vincenzo Muccioli credo sia spesso saturo e superficiale un giudizio puramente positivo o negativo. La realtà dei fatti è quella di un problema sociale spropositato, troppo grande per le mani di un solo uomo, che in quanto tale diventa schiavo di potere, denaro e popolarità. Non sono infatti una grande sostenitrice del “dibattito” come presa di posizione sulla questione. Ho trovato molto interessante la serie soprattutto per lo spaccato sociale che propone. Un tema sempre attutale in un periodo particolare, con una generazione erede delle battaglie studentesche e delle violenze degli anni di piombo. Una serie che consiglio di vedere, ma sempre con un occhio critico.

Eugenia Elifani

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