Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po’. C’è luce in strada, e il sole illumina ogni cosa. Ma è tutto un po’ vuoto.
Da quando sei partito, ci sono molte novità: è passato un anno, ormai, ma qualcosa ancora qui non va. Si esce poco la sera, compreso quando è festa. E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra. E si sta senza parlare per intere settimane: al limite, ci sono i messaggi. Ho le mani scavate dal disinfettante, gli occhi rossi di schermo. Ma sono felice, alla fine, felice di essere vivo, di non aver perso nessuno. 95.486 sono stati i morti di Coronavirus di quest’anno. Ma è un numero che vale poco scrivere, perché cresce ogni ora. Ne abbiamo passate di brutte, caro amico. Abbiamo rinunciato un po’ a tutto, al vento, al sale, alle risate. Abbiamo rinunciato agli abbracci, ai baci. Ma non c’era altro da fare. Un anno esatto, oggi, dal primo caso di SARS-Cov-2 in questa nostra bellissima, maledetta, terra, in questo nostro strano, travagliato, paese. Alla mascherina ci si abitua, al metro di distanza pure. Certo, alcuni gesti, difficilmente si possono soffocare. Dobbiamo, però. Perciò, quando non ho più potuto incontrare i miei nonni, ho compreso. Quando non ho più potuto vedere i miei compagni di classe, ho compreso. Quando non ho più potuto passare un pomeriggio al cinema, ho compreso. La vita, la storia, è fatta di sacrifici. Quello richiesto al mio popolo, ad ogni popolo di questo pianeta, non è stato lieve. Industrie, negozi, artigiani, ristoratori: innumerevoli hanno visto il loro lavoro, magari di una vita, andare in fumo. Non di meno sono stati quelli che non hanno avuto la possibilità di salutare un padre, una madre, un fratello, talvolta un figlio. Confidiamo in questo vaccino, nella scienza, nel genio dell’uomo. C’è una terra da ricostruire, un mondo da rifondare. Questo anniversario ci mette di fronte alla realtà di un’umanità prostrata, in ginocchio. L’occidente, culla della democrazia, si è visto superato dai colossi illiberali dell’oriente, più efficienti, e pronti, soprattutto, alla limitazione delle libertà personali in nome del bene comune. Ma uno stato giusto è lento ad agire, anche in una situazione di crisi come quella odierna, perché si interessa dei diritti dei cittadini che lo compongono. Si stagliano davanti a noi le rovine di un sistema economico obsoleto, di una classe dirigente inadeguata. È compito della nostra generazione, caro amico, della mia e della tua, mio e tuo, costruire su rinnovate e solide fondamenta la città del futuro. Studiamo, perciò, istruiamoci, combattiamo, riflettiamo, pensiamo: perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza, di tutto il nostro vigore, di tutta la nostra giovinezza. Davanti a te fuggono frenetici i secondi: afferrali, divorali, assaporali: non ci sarà un’altra occasione.Tancredi Bendicenti
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