L’avvelenamento
La mattina del 20 agosto 2020 Aleksej Navalny rischiò di morire a causa di un avvelenamento presumibilmente da parte dei
servizi segreti russi.Quel giorno, Alex Navalny era
diretto verso Mosca dopo aver presenziato ad una campagna elettorale in Siberia.
Stando a quanto affermato da Kira Yarmysh, portavoce di Navalny, la vittima
dell’avvelenamento non aveva mangiato niente, aveva solo consumato un tè
acquistato all’aeroporto di Tomsk. Poche ore dopo, il leader del partito
“Russia del Futuro” avvertì un senso di malessere seguito dalla perdita di
conoscenza. Il pilota dell’aereo di linea cambiò prontamente direzione,
dirigendosi verso l’aeroporto di Omsk, dove Navalny fu prelevato e trasportato
all’ospedale n°1 della città. I medici confermarono che era entrato in coma e
che era stato collegato a un ventilatore. Il 21 agosto, in seguito alla
richiesta da parte della famiglia della vittima alla cancelliera Angela Merkel
e al presidente Emmanuel Macron, Navalny fu trasferito all’ospedale della
Charité di Berlino, nonostante il tentativo di blocco dell’operazione da parte
delle autorità russe. Nei giorni successivi è stata confermata l’ipotesi di
avvelenamento da Navichok, un agente nervino utilizzato nel 2018 per avvelenare
l’ex spia russa Sergej Skriplal.
Il 14 dicembre 2020 fu pubblicata
un’indagine congiunta di Bellingcat, CNN, The insider e Der Spiegel i quali,
in seguito a delle indagini incrociate
con tabulati telefonici, furono in grado di affermare che il leader del partito
“anti-Putin” era stato avvelenato dai servizi segreti russi. Lo stesso giorno,
Aleksej Navalny chiamò personalmente Konstantin Kudryavtsev, membro del FSB
(servizi segreti russi), affermando di essere un aiutante Nikolai Patrushev (segretario del consiglio
di sicurezza), chiedendogli i motivi per i quali l’ omicidio non fosse stato
portato a termine. Dalla telefonata, di 49 minuti, emerse che se il pilota non
avesse virato verso Omsk e se la vittima non fosse stata trattata in modo così
professionale dai medici, il veleno si sarebbe sicuramente assorbito nel corpo
in seguito al sudore con la conseguente morte di Navalny.
Dopo la telefonata, il “paziente
della clinica di Berlino”, come Putin lo definirà, pubblicò un tweet affermando
che il caso era chiuso.
Ovviamente, nei giorni successivi
seguì la smentita dei servizi segreti, i
quali affermarono che la telefonata era un falso e che era stata pianificata
con l’appoggio di servizi segreti stranieri.
Il servizio sostiene, inoltre, che
Navalny era tenuto d’occhio dall’intelligence russa da circa tre anni durante i
quali fu seguito in qualsiasi movimento da alcune spie, di cui si hanno anche
le foto. La vittima accusa formalmente il presidente Vladimir Putin di aver
architettato l’intera operazione; sostenendo inoltre di aver presentato due
denunce al Comitato Investigativo, tre al Ministero dell’Interno e una all’FSB,
con richiesta di accusa per tentato omicidio, danni gravi alla salute e
uso di armi chimiche. Risposta negativa
da tutte e tre le parti. Inoltre, pare che Putin avesse confermato che la
procura stava già indagando sull’accaduto, per poi scoprire che non stava
andando così in seguito alle informazioni fornite dai rappresentanti della
procura stessa.
Ma veniamo alla risposta di Putin.
Il presidente russo, definisce le accuse di Navalny “ridicole”, aggiungendo che
se avessero voluto avvelenarlo, avrebbero portato a termine il lavoro. Putin
afferma, inoltre, che Navalny è appoggiato dall’intelligence americana e che
per questo motivo deve essere monitorato dai servizi segreti russi, tuttavia
ciò non significa che sia stato avvelenato.
Nonostante l’accaduto, Navalny è
intenzionato a tornare a Mosca.
Ritorno in Patria
Il 17 gennaio 2021 dopo un periodo di 5 mesi di permanenza in Germania, Navalny fece ritorno a Mosca. Da premettere che nei giorni precedenti, in seguito alla notizia del suo ritorno, il servizio penitenziario russo aveva già annunciato che sarebbe stato “costretto” ad arrestarlo, in quanto, durante i mesi in cui è rimasto in Germania, ha violato i termini di libertà vigilata emessi dalla Corte superiore di Mosca in merito al caso Yves Rocher risalente al 30 dicembre 2014 e riguardante un’accusa di appropriazione indebita pari a quasi 4 milioni di euro. Navalny era ufficialmente ricercato dal 29 dicembre 2020.
Il principale oppositore di Putin
esorta i suoi sostenitori ad incontrarlo all’aeroporto il giorno del suo
arrivo, ma le autorità decidono di mandare in fumo i suoi piani annunciando che
non sarebbero state tollerate manifestazioni di alcun tipo.
Navalny atterrò a Mosca alle ore
19.20 per poi essere arrestato e condannato a 30 giorni di detenzione seguiti
da 3 anni di prigione effettiva. L’arresto è stato accompagnato da agenti di
polizia in mimetica e caschi antisommossa per arrestare sostenitori e
simpatizzanti.
Dalle reazioni al processo
Impossibile non nominare l’intervento di Sassoli,
presidente del Parlamento europeo, che durante l’incontro a Bruxelles, ha
aperto la seduta sottolineando le proprie preoccupazioni in merito all’arresto
di Alex Navalny al suo ritorno a Mosca, ringraziando le autorità tedesche per
averlo curato. Ha inoltre specificato la gravità che sta nella violazione dei
diritti umani della vittima.
Il “colpevole” è comparso durante l’udienza di convalida dell’estensione del periodo di prigionia, a quanto ne sappiamo, tenuta alla stazione di polizia dove era stato portato dopo il suo arrivo a Mosca.
Anche a causa di questo evento, Navalny, commentando
il processo per direttissima in un video, avrebbe “stuzzicato” Putin,
chiamandolo “Nonno-Putin” e affermando che in quel momento era probabilmente
nel suo bunker e che aveva così paura di ciò che stava succedendo da modificare
il sistema processuale russo, una sorta di “trattamento speciale”.
È stata bloccata ogni forma di comunicazione tra lui e
i suoi legali. Non gli è stato concesso di vederli, né di sentirli
telefonicamente. Gli avvocati sono stati informati della data dell’udienza il
giorno stesso, impedendogli così di prepararsi adeguatamente sul caso.
Aleksej Navalny è stato privato del diritto alla
difesa dal suo stesso Paese.
Migliaia di persone sono scese in piazza a protestare contro l’arresto di Navalny, otre 5000 gli arresti eseguiti nelle 300 città che si sono ribellate. Di questi, solo a Mosca 1616 dovuti, secondo l’agenzia statale, ai numerosi attacchi nei confronti delle forze dell’ordine da parte dei manifestanti. Scontri anche a San Pietroburgo, dove la polizia è stata accusata di aver utilizzato gas lacrimogeni. Fermata Yulia Navalnaya, moglie del nemico del Cremlino, portata al dipartimento di polizia e rilasciata dopo il verbale.
Il Cremlino ha inoltre convocato i responsabili dei
social network, da Facebook a TikTok, affinchè oscurassero il contenuto dei
messaggi che incitavano a partecipare alle manifestazinoni.
In seguito agli arresti, sia di Navalny che dei
manifestanti, anche il segretario di Stato Usa ha sottolineato il proprio
dissenso condannando la violenza esercitata dalle autorità russe nei confronti
di manifestanti pacifici e giornalisti, invitando nuovamente il Cremlino a
rilasciare i detenuti nel rispetto dei loro diritti umani. Mosca ha prontamente
contrattaccato, il ministro degli Esteri
ha invitato gli Stati Uniti a porre fine alla loro intrusione negli
affari interni, sostenendo inoltre che le manifestazioni siano state in realtà
orchestrate da Washington.
Anche l’Alto commissario dell’ Onu, Michelle Bachelet,
ha richiesto il rilascio immediato nel rispetto de suoi diritti. In questo
clima di caos, Serghei Lavrov, ministro degli esteri russo, ha commentato le
sollecitazioni da parte degli altri paesi, ritenendo che “l’Occidente” stia
solo cercando di trovare un modo per distogliere l’attenzione dalla “profonda
crisi” in cui versa “il modello liberale”.
Rottura dei legami diplomatici
Borrell ha
avanzato la richiesta da parte dei 27 governi europei di rilasciare Aleksej
Navalny e i suoi sostenitori. Come previsto, Levrov ha respinto la proposta.
Borrell ha cercato di risollevare la situazione, sottolineando la necessità di
mantenere un dialogo con la Russia, in quanto essa ricompre un ruolo importante
in diversi ambiti di interesse europeo.
In questo scenario,
si aggiunge la decisione di espellere tre diplomatici di Germania, Polonia e
Svezia. Mosca giustifica l’intervento sostenendo che i tre Stati hanno
contribuito alle manifestazioni del 23 gennaio per Navalny, considerate
“illegali”, dunque “in conformità con la
Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961” sono
stati dichiarati personae non gratae.
Lavrov ha
affermato che la Russia costruisce la
sua vita basandosi sull’inaffidabilità dei partner europei, o almeno in questa
fase. Ha fatto inoltre riferimento a delle possibili sanzioni da parte dell’UE mosse
dagli stessi partner europei, i quali si sarebbero fatti influenzare dai
pregiudizi nei confronti di Putin senza nessuna “base legittima”.
Borrell ha
sottolineato che attualmente l’UE non ha preso alcun tipo di decisione in
merito, per quanto nelle settimane precedenti i ministri degli Esteri degli
Stati dell’Unione abbiano discusso un’enorme quantità di sanzioni nei confronti
della Russia. Angela Merkel, nonostante la sua posizione accusatoria nei
confronti di Putin mantenuta nei mesi precedenti, ha spinto i partner a
rinviare l’incontro a marzo, nella speranza che la situazione di sblocchi prima,
anche per evitare la rottura dell’accordo per il Nord Stream 2.
Durante la
sua visita a Mosca, Borrell ha dovuto rinunciare alla richiesta di visitare
Navalny dopo la risposta di Lavrov di rivolgersi alla Corte, la procedura
avrebbe richiesto molto tempo.
Borrell ha
inoltre augurato agli “amici” russi l’approvazione da parte dell’Ema (Agenzia
europea del farmaco) del vaccino Sputnik per l’Europa; nonostante la Russia non
abbia ancora fatto richiesta per l’avvio della rolling review – ovvero la prima fase della procedura – che non può
essere attuata in meno di due mesi.
Al suo ritorno Borrell ha dovuto fronteggiare l’ira di settori dell’Europarlamento. Alcuni deputati hanno richiesto le sue dimissioni, accusandolo di essere stato cedevole verso Serghej Lavrov e che avrebbe dovuto difendere l’Unione Europea con più decisione. Borrell si è difeso sottolineando che la discussione si è scaldata nel momento in cui ha chiesto di vedere Navalny, tuttavia, la Commissione europea ha confermato la fiducia della presidente Ursula von der Leyen a Borrell, ritenendo il viaggio a Mosca “necessario” sebbene fosse “un incontro difficile”.
La risposta
dell’Unione Europea di fronte all’espulsione dei suoi diplomatici, è stata
quella di espellere a sua volta tre diplomatici russi; la Germania si è
appellata “all’articolo 9 della Costituzione di Vienna sulle relazioni
diplomatiche del 18 aprile 1961” in seguito all’allontanamento del diplomatico
tedesco che secondo i russi aveva partecipato in maniera violenta alle
manifestazioni quando in realtà era presente solo per “informarsi sullo
sviluppo degli eventi con mezzi legali”.
Mosca ha
risposto affermando che si tratta di decisioni prive di fondamento che si aggiungono
alla lunga serie di azioni dell’Occidente contro la Russia, ritenute
un’interferenza negli affari interni.
Nei giorni successivi le cose non sono esattamente migliorate. Il ministro degli Esteri russo ha alzato i toni minacciando di rompere i legami con l’UE qualora si dovessero verificare ulteriori sanzioni nei confronti della Russia. “L’obiettivo non è quello di isolarsi dalla vita globale, ma dobbiamo essere pronti. Se vuoi la pace, devi prepararti alla guerra” afferma Lavrov.
Indubbiamente,
tali affermazioni hanno sconcertato i partner europei, in particolare la
Germania, paese più interessato al gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2.
Intanto da
Mosca il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, ha cercato di attenuare la
tensione. Si tratta di un fraintendimento, le parole del ministro degli Esteri
sono state estrapolate dal contesto e divulgate senza il consenso del ministero
e senza aspettare la diffusione integrale dell’intervista. Peskov ha
sottolineato che Mosca non intende rompere i legami con l’Unione Europea,
sostenendo, tuttavia, che bisogna essere preparati in caso si verifichino
“sviluppi insensati”.
Le forze in
campo non sono soltanto la Russia e il mercato europeo, in questa situazione
saranno decisive le scelte del nuovo presidente americano Joe Biden che il 19
febbraio terrà la grande conferenza di
Monaco sulla Sicurezza, al fianco di Angela Merkel, in cui si discuterà sul
tema del rafforzamento de legami transatlantici.
Non possiamo
fare altro che attendere nuovi sviluppi.
Samuele Oliveti
ألفشل طريق النجاح .
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