venerdì 19 febbraio 2021

Musica e scuola



 Dato che alcuni degli ultimi articoli hanno trattato di musica e che devo parlare di “scuola e cultura”, ho deciso di fare uno più uno e parlare di

musica nelle scuole.

Il problema però è evidente, quale musica e in quali scuole?

La maggior parte di noi, me compreso, seppure alle medie abbia ricevuto un insegnamento basilare delle conoscenze musicali, ha abbandonato gli aspetti più formali e storici di quest’arte.

E mi pare ovvio, l’insegnamento della Musica, escludendo sezioni coreutiche o accademie è misero per dire tanto.

Dividendola in due parti la materia della musica si presenta così:

Da una parte abbiamo la frazione storica, ovvero una summa della storia della musica disinteressata al collegamento interdisciplinare che va da Giovanni Pierluigi da Palestrina ai Queen senza un motivo o una giustificazione coerente agli occhi di un tredicenne. Questo ha creato un senso di forte discontinuità nella concezione storica della musica, rendendola inferiore allo studio delle arti visive e allontanando gli studenti dai suoi aspetti più formali.

Dall’altra, parlando appunto di aspetti formali vi è una tediosa e obbligata scelta di una vasta gamma di strumenti, nel novanta per cento dei casi: o pianola o flauto.

Dato che io per primo sono musicalmente illetterato e profano mi rifarei ad una cosa detta da Ennio Morricone che credo ne sappia più di me.

In sintesi l’amatissimo maestro che ci ha recentemente lasciati espose nel 2012 una forte critica sia alla metodologia che al sistema stesso dell’insegnamento della musica nelle scuole d’Italia. Morricone infatti, rimprovera innanzitutto una chiusura mentale da parte del sistema nell’uso esagerato del flauto, uno strumento che a detta sua è poco stimolante, poi l’assenza sia di mezzi adeguati che di preparazione dei docenti italiani, i quali, se ricordo bene i miei anni alle medie, muniti di vecchi lettori CD fanno involontariamente assomigliare Beethoven a una musica d’attesa.

È consiglio di Morricone infatti, garantire sia uno spazio dedito all’ascolto sia una riserva di incisioni a disposizione. In conclusione sottolinea come questa situazione drammatica sia un fenomeno particolarmente italiano:

«In Germania ogni famiglia suona Bach con il flauto dolce e il pianoforte o addirittura il clavicembalo, cantando e leggendo gli spartiti. Quella è la vera nazione musicale, non l’Italia».

Ciò è a dir poco paradossale poiché il nostro paese ha dato i natali a gente come Rossini, Verdi e compagnia suonando.

Ma oltre a questo, perché non abbiamo, come paese, una visione nitida del nostro patrimonio culturale e nella fattispecie musicale?

Le mie conclusioni, oltre ad essere ovviamente concordi a quelle di Morricone vogliono concentrarsi su quella schiera di amalgami ormonali, idolatrati da scrittori e artisti che sono i giovani. Ci tengo a precisare che io, da giovane con la G, sono convinto di avere un quadro chiaro e preciso di come gira il mondo, indipendentemente da quanta razionalità “butto sul fuoco”.

Io credo che dati i ritmi che la musica ha avuto nel Novecento e quelli che ha assunto ultimamente, i giovani ascoltatori e i futuri musicisti si trovano in una posizione ambigua. Questo è dato da un esponenziale assottigliamento del metro musicale popolare che ormai si assomiglia molto. Lungi da me criticare tutte le innovazioni musicali dagli anni '40 a oggi, ma ritengo che una carenza generale nell’originalità della forma, porti a una carenza di contenuti. È dalla melodia, dall’armonia che capiamo o no se una musica ci piaccia e il fatto che l’istruzione italiana non fornisca gli strumenti adeguati per comprendere la musica ha portato a un apprezzamento di qualcosa che per quanto nuovo, di solito non regge il paragone formale con Mozart ma neanche quello con Dylan o coi Beach Boys. In parole povere credo che la musica odierna è in parte frutto di un insegnamento che Morricone ritiene letteralmente sbagliato e che sta neanche troppo lentamente riducendo la nostra cultura. È una mia sempre più crescente paura che l’Italia sia ormai un paese senza identità, che ormai da secoli campa di rendita sulle spalle di artisti e intellettuali del passato. La cultura è ciò che di più presente possa esistere e il disinteresse verso il nostro patrimonio ci ha portato ad adottare acriticamente musica e stili stranieri senza, parlando degli esempi più famosi, creare nulla di originale o in linea con la nostra Storia.

Livio Sacchetto

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