mercoledì 3 marzo 2021

America is back



 “L’America è tornata, la diplomazia è tornata:

voi siete il centro di tutto ciò che voglio fare.” Con queste parole Joe Biden ha concluso il suo primo discorso al Dipartimento di stato, spezzando così i 4 precedenti anni di “Trumpismo” e di filosofia “America Caput Mundi”. In questo suo discorso, il nuovo presidente, ha trattato vari argomenti, soprattutto le relazioni con gli altri stati, la demilitarizzazione in Europa, la situazione nel medio oriente ed i due “big”: Russia e Cina.


L’argomento introduttivo, nonché quello più rilevante, è la cessione della vendita delle armi alla penisola arabica, di modo da togliere completamente il suo supporto alla guerra in Yemen. Ciò, apparentemente, è stato deciso poiché i bombardamenti degli strumenti bellici venduti dagli stati uniti colpiscono da anni  la popolazione civile del paese. Il politico afferma: “La guerra ha causato una catastrofe umanitaria e strategica. Deve finire”. Interrompendo così il rapporto di vicinanza, inaugurato da Obama, che gli stati uniti avevano in riguardo alle azioni militari dei sauditi. Tale cambio è ovviamente dovuto dalla natura democratica di Biden il quale, dopo aver denunciato ciò, ha ammesso di aver incaricato un inviato speciale a mediare per la crisi dello Yemen il quale tuttora è molto vago.


Un altro dei temi trattati è stata la demilitarizzazione americana sul suolo europeo, essa difatti non è stata attuata ma, al contrario, Joe ha ribadito che, non solo non intende far ritirare le truppe americane dalla Germania ma che anzi, è tornato a schierare 12.000 soldati, come segnale di impegno alla difesa comune (ipoteticamente contenere la potenza russa?). Contrariando le azioni di Trump il quale, come sanzione per le tensioni tra Washington e Berlino, aveva intenzione di ritirare i soldati dai terreni germanici.


Tra le varie parti del discorso, la Russia non poteva mancare. Con essa il leader statunitense ha assunto un atteggiamento molto duro ed accusatorio, nonostante inizialmente abbia concordato con il presidente russo il “trattato start” (un documento per il controllo degli arsenali nucleari), successivamente, ha aggressivamente intimato Vladimir Putin di cessare gli attacchi informatici e di non interferire sulle elezioni, applicando pesanti sanzioni in caso contrario. Inoltre ha chiesto la liberazione di Alexei Navalny, capo dell’opposizione russa, proponendo un prezzo più alto per la sua scarcerazione. Finendo con ammonizioni, anche indirette, alla Cina, affermando che la libertà di stampa su scala mondiale è essenziale alla salute della democrazia.


Sul piano globale, ha aumentato il numero di rifugiati accolti, da 15.000 a 125.000, superando addirittura i livelli raggiunti durante l’amministrazione di Obama, nella quale Biden era vicepresidente. Inoltre ha revocato il ritiro dalla Organizzazione Mondiale della Sanità ed è rientrato dentro agli accordi di Parigi sul clima, segno che il nuovo eletto voglia stringere i rapporti internazionali più del suo predecessore. 

Poco si sa ancora, sulla questione dell’Iran (tensioni per i controlli petroliferi eccessivamente alte) e la “guerra commerciale” tra stati uniti e Cina. In queste ultime il presidente non è ancora entrato in merito, dedicando addirittura poco spazio del primo discorso alla situazione pechinese e, nemmeno una parola riguardo al problema Iraniano. Probabilmente questo perché la nuova amministrazione statunitense intende prendere tempo prima della sua prossima mossa.

Alessio Racioppi


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