L'eroe, il coraggioso, il valente, il valoroso. Appellativi altisonanti attribuiti ad un uomo
piccolo, furbo, falso. La straordinaria "audacia" politica di Federico Lucia, in arte Fedez, è l'ennesimo inutile esempio di una politica di consumo, di un mercato delle idee maleodorante e sporco, di una compravendita pubblicitaria di posizioni "ostinate e contrarie" che si risolvono in un adeguamento acritico a direzioni preconfezionate. La questione non è il contenuto dell'intervento, che io condivido in buona parte, ma il come, il dove, il quando, il perché.I) Il come, dato che non è possibile comunicare un pensiero con la veemenza ed i toni inutilmente instabili dell' "artista", o meglio lo sarebbe se fossero sinceri: in questo caso non lo erano. L'effetto finale rassomigliava ad uno show di bassa lega, condotto da un interprete amatoriale di soap operas.
II) Il dove, perché, checché ne dica Fedez, arrogarsi il diritto di servirsi di un canale della Televisione di Stato (che è finanziata da tutti i cittadini, non solo da quelli favorevoli al DDL Zan) per esprimere le proprie opinioni politiche, senza un contraddittorio, durante un concerto, non è né un qualcosa di lecito, né un qualcosa di eroico,
III) Il quando, perché ieri era il Primo Maggio, e, per quanto sia sempre sacrosanto parlare di diritti civili, sarebbe stato opportuno, magari (ma forse pretendo troppo io) occuparsi dei lavoratori, buona parte dei quali, causa Covid ma anche precedentemente al Covid, vivono subendo limitazioni dei propri diritti indegne ed umilianti. Almeno nella giornata del lavoro (sul quale è fondata la nostra repubblica) di lavoro si sarebbe dovuto parlare.
IV) Il perché, dato che non vi è un'unghia di genuinità nell'intervento di ieri sera. Ne abbiamo avuto una triste e penosa dimostrazione con la pubblicazione della registrazione della telefonata di Fedez ai quadri RAI incaricati di supervisionare il contenuto della messa in onda (cosa tra l'altro alquanto inevitabile, considerato che l'emittente non può non avere contezza del contenuto dei programmi che trasmette): una telecamera perfettamente posizionata che inquadra una stanza riccamente decorata di fregi settecenteschi (ma potrei sbagliarmi) con un uomo che finge di arrabbiarsi e di scalpitare, mentre aggredisce bestialmente delle persone che tentano, con decenza e calma, di fare il proprio mestiere. Una performance di scarsa qualità, urlata e stolta: gli consiglierei di utilizzare una frazione minuscola del patrimonio multimilionario che ha a disposizione per frequentare un corso di recitazione.
E poi l'attacco alla RAI, se possibile la cosa più ridicola. Bisognerebbe forse spiegare a Fedez che esistono procedure precise all'interno di una televisione pubblica, equilibri e parità che vanno rispettate. Come non avrebbe potuto attaccare direttamente la Lega, e nominarne alcuni componenti, così, qualcun altro non avrebbe potuto fare la stessa cosa per il PD, il M5S, Forza Italia o Fratelli d'Italia. Perché? Perché non si può sfruttare un canale di tutti per trasmettere, in un contesto completamente inappropriato, opinioni politiche di un singolo, senza dare, tra l'altro, alla parte portata in causa, la possibilità di controbattere. E, credetemi, tra le posizioni mie e quelle della Lega vi è un abisso insormontabile: non sono certo qui a difenderle. Ma ciò non mi toglie la capacità di analizzare lucidamente l'estrema malafede del fatto in questione. Forse, però, sarebbe inutile spiegare tutte queste ovvietà a Fedez, perché già le conosce. Ci troviamo davanti ad una nauseabonda trovata pubblicitaria, ad un'indecorosa ricerca di consenso e approvazione, costruita proprio sulle spalle di quelle persone che il DDL Zan si propone di difendere. E mi dispiace che questa legge tanto importante sia divenuta oggetto di una strumentalizzazione tanto bieca, e, francamente, ridicola.
Caro Fedez, torna a comporre "musica" commerciale, musica di plastica, scritta solo per ottenere qualche milione di visualizzazioni, e non cercare di commercializzare la tua immagine nello spazio politico, che, anche senza il tuo intervento, già versa da tempo in condizioni pietose: la nostra Repubblica, il nostro popolo non si merita anche questa umiliazione.
Bergerac
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