"Hai saputo? È morto Battiato"
La notizia, io, l'ho ricevuta così. In una strana mattinata di maggio, ancora fredda e già calda, imperturbabile
nei suoi capricci. La maggior parte dei miti della mia adolescenza sono già morti, anzi, morti da un pezzo, morti prima che io nascessi. Battiato era uno degli unici ancora vivi. Un bastione saldo di un'epoca che non volevo considerare passata per sempre. Le sue canzoni mi hanno accompagnato, ed il mio conoscerle è stato un percorso evolutivo, un graduale disvelamento dei significati stratificati che le compongono. Da bambino erano parole che non conoscevo, magie misteriose; da studente delle medie brani stravaganti, riti alchemici; da giovane uomo riflessioni strutturate, formule matematiche. Testi studiati ed elaborati, accompagnati da un lavoro musicale geniale ed innovativo, capace di abolire la classica distinzione tra alto e basso, tra popolare ed elitario. Battiato è stato un maestro sublime del postmoderno, un'espressione compiuta ed originale del gusto di una civiltà che ha già detto tutto, che può esprimere vera novità soltanto attraverso la rielaborazione e la reinterpretazione del proprio canone. Dal Punk al Rock, da Beethoven a Wagner, la tradizione si fa rivoluzione, la solennità leggerezza, l'inquietudine malinconia. In Battiato c'è e si può trovare tutto: ogni genere ed ogni modulazione emotiva, ogni inclinazione dello spirito ed emozione, ogni tono. Un pluristilismo formale che è sostanza. Ma a questa leggerezza non sono mai corrisposti né disimpegno né indifferenza. Molti sono i testi profondamente politici, intimamente critici dei sistemi di cui facciamo parte. Il postmodernismo di Battiato è una creazione che non si arrende al nichilismo, che cerca costantemente un centro di gravità permanente, una terra promessa che ponga fine all'esodo."I desideri non invecchiano quasi mai con l'età
Se penso a come ho speso male il mio tempo
Che non tornerà, non ritornerà più
La stagione dell'amore viene e va"
Tancredi Bendicenti
