La globalizzazione ci ha reso tutti più vicini. In un mondo in cui ogni cosa è
collegata, il proprio benessere influenza quello degli altri. Questo principio si applica anche per quanto riguarda la diffusione del virus. Una pandemia nata in Cina e di cui oggi, circa un anno dopo, abbiamo testimonianza in tutto il mondo. Siamo collegati, pur dovendo stare divisi, e in questo clima ciò che personalmente mi ha aiutato è stata la partecipazione al progetto Quaranteens. Già il titolo con un gioco di parole intende in generale ciò di cui tratta: la quarantena per gli adolescenti. Tuttavia, sarebbe superficiale fermarsi a questa definizione. Quaranteens è stata una bellissima occasione per accrescere la propria percezione del mondo. Adolescenti provenienti da ogni parte del globo che attraverso chat, videochiamate e riunioni sono riusciti a scambiarsi più informazioni di quanto avrebbero mai potuto fare leggendo qualche articolo o attraverso i media. Siamo riusciti a trovare un nuovo tipo di connessione più profonda che ci ha permesso di cogliere ogni sfaccettatura delle culture altrui. Attraverso storie, racconti con qualche lacrima di mezzo, ma anche tante risate, abbiamo confrontato la situazione pandemica delle nostre città. La consapevolezza di non essere gli unici, di non essere da soli ci ha salvato dalla tristezza e dalla confusione che regnavano nella maggior parte di noi. Un’esperienza di solidarietà e fratellanza, forse questa è la migliore definizione per Quaranteens, un progetto che mi ha fatto ricordare i valori lasalliani. Fare parte di una scuola Lasalliana non significa solamente che siamo una scuola religiosa, con i Frères, le messe e così via, ma vuol dire far parte di una famiglia. Una famiglia che si estende per la Grecia, il Kenya, il Brasile, l’Austria, gli USA, la Spagna e Betlemme e che è sempre pronta ad accoglierti, a prescindere da tutto. Una famiglia che cresce insieme e che si sostiene grazie all’amore e agli scambi che intercorrono tra studenti, professori e vari organizzatori.A quest’ultima categoria in particolare rivolgo la mia gratitudine per aver predisposto questo progetto. Il capo dei professori, Evaggelia Kampouri, è stata una figura fondamentale che merita le più sincere congratulazioni. Grazie alla sua forza, il suo impegno e la sua gioia è riuscita a trovare il modo di far riunire studenti di tutto il mondo (e quindi con orari diversi) e fornirci varie occasioni per conoscerci meglio. Durante tutto il progetto, infatti, sono state fatte delle riunione in cui ognuno si presentava e diceva qualcosa di sé. Attraverso l’inglese siamo riusciti a comunicare e a cogliere aspetti inediti della vita degli altri studenti. Siamo poi stati suddivisi in gruppi a cui è stato assegnato un periodo temporale; abbiamo analizzato la pandemia a 360 gradi, quindi rispetto al passato, al presente e al futuro. Le informazioni erano tante quindi è stata fatta un’ulteriore suddivisione all’interno delle sfere temporali in base alla tematica. Le limitazioni alla libertà, la sopravvivenza delle forme artistiche, l’influenza spagnola, la storia dei vaccini e l’educazione digitale sono stati solo alcuni degli ambiti affrontati.
Il San Giuseppe De Merode ha contribuito a questa ricerca grazie a 12 ragazzi e un insegnante, la professoressa Nina Saren, rappresentando il punto di vista italiano nei singoli temi. Le esperienze condivise sono state tutte molto diverse dalla nostra, ma questa diversità è proprio ciò che ci ha affascinato. Scoprire il mondo con occhi diversi e accettare le differenze, in questo consiste Quaranteens e con esso anche il messaggio lassalliano.
Giorgia Gambarini
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