domenica 27 giugno 2021

Il Blog d'estate: Sport e politica

 


Ieri sera gli Azzurri hanno deciso di scendere in campo senza aderire in modo manifesto al movimento “Black Lives Matter” come fatto, invece,

da altre squadre schierate da altri paesi o da loro singoli componenti. Una decisione sicuramente soppesata e ponderata nonostante molti avessero chiesto ai ragazzi della nostra nazionale di prendere posizione, di schierarsi apertamente. La scelta non è stata frutto di qualunquismo o insensibilità sociale o politica, ma di una attenta analisi di ciò che lo sport deve o dovrebbe essere e di quanto istanze ideologiche, se pur sacrosante, rischino di distogliere l’attenzione da tutto questo. 

Il fatto che la politica o i movimenti ideologici entrino a gamba tesa o in modo diffuso all’interno di manifestazioni sportive di importanza mondiale serve sicuramente alla singola causa in sé, ma sminuisce e minimizza la missione sociale, morale, etica che lo sport in toto promuove dai tempi dell’antica Grecia in poi. Lo spirito decoubertiniano promuove la gara, l’”agone”, come momento altissimo di sfida con se stessi, di onore, di lealtà nel confronti con il prossimo, di onestà intellettuale nei confronti propri e del prossimo, di umiltà assoluta; “Citius!, Altius!, Fortius!”, motto olimpico, è un’esortazione rivolta, sì, ad ogni atleta come sprone al superamento agonistico dei propri limiti personali, ma è anche la summa di una filosofia di vita che mira alla onestà dei rapporti sociali, ad una condotta di vita cristallina al di fuori dei campi sportivi, compresi quelli di calcio. È la fusione assoluta tra la perfezione del gesto atletico, della performance e dell’essere atleta in quanto tale: è già essa, di per sé, un’ideologia.

È per questo che infilare a tutti i costi la dialettica politica in questo contesto appare coma una forzatura che snatura il senso dello sport tutto.

E non a caso il Comitato Olimpico Internazionale, in accordo con gli sportivi, ha stabilito una regola precisa per le Olimpiadi di Tokyo della prossima estate e per quelle invernali di pechino 2022. Nessun riferimento a politica o religione. Non ci potranno essere gesti e simboli di protesta durante le premiazioni, le gare e nelle cerimonie ufficiali. Nessun pugno alzato sul podio come quello di John Carlos e Tommie Smith che inneggiavano al “Black Power” in Messico ’68, nessun inginocchiamento durante l’inno come hanno fatto i giocatori di basket americani seguiti prima da Lewis Hamilton in F1 e poi da moltissimi atleti in tutto il mondo a sostegno del “Black Lives Matter”, nessun momento, insomma, destinato a diventare iconico nel futuro

Giacomo Di Maria

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