martedì 1 giugno 2021

NFT: quando l’arte e l’economia si fondono

 


Può un’opera d’arte trasformarsi in una serie di 0 e 1 da scambiare in piattaforme virtuali?

Gli NFT, non fungible token, sono un nuovo tipo di certificato di proprietà di elementi e strumenti digitali.

Ma cosa compra “realmente” chi acquista un NFT? La risposta è tanto semplice quanto complessa. Entrando in possesso di un NFT si ottiene, sostanzialmente, la possibilità di dimostrare un diritto su un oggetto attraverso il sussidio di uno smart contract, di cui parleremo dopo. Nel caso di un opera d’arte, non si compra l’opera in senso fisico; essa viene rappresentata attraverso un’immagine digitale che viene trascritta, a sua volta, attraverso una serie di numeri compresi tra 0 e 1 nel linguaggio informatico.

Questo deriva da una compressione dell’elemento (immagine, videogioco o filmato che sia), attraverso un processo che prende il nome di hashing. Il proprietario del documento digitale può calcolarne l’hash, ma non è possibile risalire al proprietario tramite il codice numerico. Questo viene successivamente registrato su una blockchain, ovvero un registro elettronico decentralizzato, costituito da “nodi” o “blocchi”, capace di registrare scambi e informazioni eliminando l’intervento di intermediari. I “blocchi” sono computer indipendenti che comunicano tra loro in maniera del tutto autonoma e non-controllabile, garantendone la sicurezza.

La blockchain dei Bitcoin funziona allo stesso modo: è possibile tracciare la transazione, ma non è possibile risalire al soggetto che la effettua.

Il creatore del codice può inserirlo all’interno del token, l’hash viene scambiato in seguito ad un pagamento in cripto valuta, le vendite vengono tracciate dal token dalla creazione all’ultimo acquirente. Il meccanismo conferma e certifica la validità dell’opera scambiata.

Per acquistare un NFT è dunque necessario servirsi dell’aiuto di una blockchain; le più famose sono Ethereum e Binance Smart Chain.

Gli smart contracts sono dei codici, delle procedure che devono essere eseguiti in base a quanto dichiarato pubblicamente. Essi riescono a ridurre al minimo l’intervento di terzi nella realizzazione di accordi, monitorandone la negoziazione. Gli NFT non sono altro che un tipo di smart contract che monitorano chi crea e scambia hashes.

I dati inseriti nell’NFT sono pochi, altrimenti si appesantirebbe l’intero sistema. Alcuni contengono le condizioni contrattuali della vendita, anche se spesso si possono trovare sul sito dell’intermediario.

Nel momento in cui un compratore entra in possesso di un NFT, può affermare di ottenere un token che rimanda a “qualcosa”(opera d’arte, videogioco o anche un tweet). Tuttavia, non tutti i token sono uguali: nel caso dei tweets, si tratta della cessione del diritto di proprietà di un tweet autografato dalla persona a cui appartiene. Egli si impegna a non venderlo più di una volta.

Nel caso delle immagini, la questione si complica. La piattaforma che la cede, salvo clausole con il compratore o l’autore, ha pieno diritto di creare migliaia di copie diverse della stessa immagine, differenziandole di un solo pixel e andando a generare hashes diversi per ogni immagine. Mettendo in circolazione gli hashes frutto dalle variazioni, si abbassa automaticamente il valore iniziale. Allo stesso tempo, l’autore dell’immagine o di un videogioco, ha pieno diritto di vendere il prodotto ad un’altra piattaforma concorrente della prima, a meno che non esistano clausole che sostengano il contrario.

È recente il caso del token dell’opera “Everydays: the first 5000 days”, l’opera di Beeple, battuto all’asta per 69 milioni di dollari. Il proprietario possiede un certificato che riconosce il contratto stipulato, contenente alcune proprietà del token che rimanda al file con l’immagine realizzata da Beeple. L’artista, tuttavia, potrebbe creare migliaia di copie della sua opera e rivenderle, l’unico limite si porrebbe al livello contrattuale.

È dunque un universo assai complesso quello degli NFT, tuttavia, una volta capitone il funzionamento, si traduce in un modo interessante di scambiare beni, o meglio, codici.

Samuele Oliveti


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