Grafica di Giulia Yu
Victoria’s Secret, azienda di moda conosciuta a livello mondiale per le sue bellissime modelle con taglia 38, i famosi “angeli” e per
le sue collezioni di lingerie, è una delle compagnie attaccate di più per la “discriminazione” di corpi che non hanno i requisiti necessari per essere definiti "modelli". La notorietà di Victoria’s Secret, come ho già detto, è dovuta principalmente dall’impeccabilità delle sue figure modello. In molti, specialmente nell’ultimo decennio hanno presentato lamentele e accuse al brand, il quale avrebbe spinto milioni di ragazze a soffrire di disturbi alimentari secondo l'accusa. Alcune ex modelle hanno dichiarato però, di averne sofferto veramente. La stessa Bridget Malcolm è tornata, a settembre di quest’anno, a parlare del marchio definendolo tossico, dopo la sua esperienza del 2016. Durante un’intervista al programma televisivo “60 Minutes” ha espresso le seguenti parole «Avevo un disturbo alimentare e facevo affidamento sui farmaci anti-ansia. Avevo costantemente attacchi di panico ed ero esausta. Il mio corpo era malnutrito, la mia mente era malnutrita, era implacabile. A quel tempo ciò che quell’azienda rappresentava per me e per tante altre donne era estremamente strumentale, esercitavano un controllo sulle donne».Questa è una delle tante dimostrazioni che le accuse sono parzialmente giustificate e veritiere. Per quanto mi riguarda, credo che si debba scendere più nel dettaglio e capire le dinamiche delle varie situazioni, e non limitarsi ad accusare il brand in generale.
Successivamente Victoria’s Secret ha introdotto le modelle curvy, e ha sempre portato avanti campagne sull’accettazione di se stessi e sull’amore per il proprio corpo. Le stesse modelle hanno dichiarato di sentirsi infatti, a proprio agio a sfilare per la compagnia, e nell’ambiente generale.
Vorrei aprire inoltre, una piccola parentesi sul Body Shaming.
Per Body Shaming si intende letteralmente “giudicare” e questo non deve essere sottovalutato. Infatti, anche quando sembra che si voglia dare pareri innocui, in realtà chi li subisce è naturale che si senta giudicato.
Frasi del tutto normali come “…ma quanti tatuaggi hai? ..., non dovresti pubblicare foto in costume…, ecc.”, se riferite in via riservata e tra amici non hanno alcun impatto negativo.
Diventano devastanti quando a queste domande possono accedere tutti pubblicamente ed è per questo che diventano un vero e proprio giudizio.
Il body shaming, di conseguenza, è un atteggiamento o un comportamento sociale rispetto al peso corporeo, alla corporatura e all’aspetto esteriore di se stessi e degli altri.
Si trasforma in una forma di bullismo verbale nell’atto di deridere, umiliare, criticare e valutare le persone unicamente per come appaiono.
La crescente popolarità dei social media e la divulgazione massiva di un modello di corpo ideale a cui ispirarsi rischiano di generare aspettative irrealistiche sui modi in cui si dovrebbe apparire.
Particolarmente vulnerabili a questo tipo di immagini e messaggi sembrano essere gli adolescenti, non solo perché maggiormente esposti ai social media, ma soprattutto per il profondo periodo di trasformazione che si trovano a dover affrontare.
Oltre alle importanti ripercussioni sull’autostima, gli studi fino a oggi condotti hanno riportato una serie di problematiche legate al body shaming che possono favorire l’insorgenza di veri e propri disturbi mentali.
Maddalena Sirimarco
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