martedì 26 ottobre 2021

La realtà inventata: da Epicuro ad Instagram e ritorno


 Che cos'è la realtà? Si può davvero attribuire una definizione a un termine così approssimativo e indeterminato? 

Paul Watzlawick sosteneva che essa fosse una percezione soggettiva influenzata dalla mente. Dunque, non ne esiste una sola, bensì una complessa frammentazione dovuta alle sensazioni personali. La sua concretezza non può essere perciò verificata in alcun modo, in quanto ogni nostra convinzione è tale perché determinata dalla nostra limitatezza. Infatti, non avendo una visione complessiva del mondo (cosa impossibile) non si può nemmeno azzardare a definirlo tale. Ad esempio, la maggior parte di noi possiede tutti e cinque i sensi che ci permettono di vedere, udire, gustare, percepire e odorare, ma se non fossimo a conoscenza o non ne avessimo ancora sviluppato uno, allora questo come influenzerebbe la realtà che viviamo e abbiamo sempre vissuto? Potremmo ancora definirla “reale”, o sarebbe stata solamente una lunghissima falsa percezione dell'esistenza? La risposta è elementare: sì.

Viviamo in un mondo creato solo da noi stessi, un mondo che potrebbe essere totalmente inventato, finto rispetto alla percezione di un altro individuo. Ma se non possiamo determinare la vera realtà in cui viviamo, come possiamo accusare i social, come Instagram, di essere una realtà non veritiera. Con questo ragionamento allora si dovrebbe considerare tutta l'esistenza umana una bugia. I social, invece, non sono altro che uno specchio che riflette la nostra percezione sbagliata, una proiezione della realtà sul web. Perciò il loro utilizzo viene determinato in base ai nostri pensieri; sia su Instagram che nella quotidianità, possiamo ammirare un bel corpo e apprezzarne le forme, ma è onere del singolo determinare la sua reazione a riguardo. Certamente i social prevedono una visione costante e ripetuta di tali immagini, ma ciò è intrinseco nel concetto di evoluzione. I futuristi, le nuove tecnologie e le imprese spingono tutti verso un'incessante ricerca della velocità, quella stessa che conduce rapidamente all'innovazione. Se dunque si critica la tempestività in cui dei dati vengono immessi nel web, allora si rifiuta anche il processo di evoluzione. Bisognerebbe in tal caso tornare allo stato di natura riproposto in passato dagli epicurei. Soddisfare esclusivamente i bisogni naturali sicuramente restituirebbe una felicità totale, ma vivendo in questo mondo di apparenze, chi realmente sarebbe capace di ritornare a uno status così primordiale dell'umanità? Dunque, anche i beni definiti superflui, secondari, come la velocità vengono accettati dalla maggior parte delle persone. Sicuramente, però, molti preferirebbero che questa rapidità si attenuasse in modo tale da permettere, ad esempio, ai giovani, di adattarsi a questa recente invenzione dei social. L'avvicinamento graduale a questi mezzi di comunicazione aiuterebbe decisamente l'indirizzamento dei ragazzi verso queste nuove realtà, ma allo stesso tempo rallenterebbe lo sviluppo e il lavoro di milioni di altre persone, imprese e impiegati relativi ad esse. Un punto di incontro potrebbe essere invece quello di istituire alcune norme o corsi formativi che abituino i giovani, non a questa nuova realtà dei social, bensì a cogliere che il concetto di realtà è quanto di più astratto possano mai incontrare, e dunque non considerare vere e reali quel susseguirsi di immagini perfette che non sono altro che lo schermo di una falsa percezione, unita a qualche ritocco e filtro. Un trend che si è diffuso recentemente prevede l'approfondimento di questa presa di coscienza. In vari video, gli utenti mostrano tutti i loro difetti e le loro insicurezze. Altri ancora invece mettono a nudo i loro editing, mostrando la differenza tra una foto/un video modificato e non. Infine, ulteriori normalizzano alcuni aspetti della loro vita, disdegnati dall'opinione pubblica, come segno di fiducia e indifferenza. In conclusione, i problemi connessi ai social sono tangibili ed evidenti, ma come il principio di ogni cosa è precario e instabile, con l’esperienza e con la consapevolezza che niente che si percepisce è davvero reale, e che la velocità non porta ad effetti negativi (se dovutamente veicolata), allora questi non sono da ritenere complicazioni, ma un'enorme opportunità per accrescere sia personalmente che collettivamente come individui del mondo.

Giorgia Gambarini


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