1918-2022. Nulla è cambiato
SOLDATI
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
Come può un’unica scarna, breve, semplice, similitudine, riuscire a trasmettere il senso di dolore, di precarietà, che investe non il singolo uomo,
non il singolo soldato, ma tutta l’esistenza umana di ieri, di oggi e di domani?Perché basta sostituire al termine “soldati” quello di uomini, e alla guerra il più ampio concetto di vita e non cambia nulla. Le parole di Ungaretti non sono rivolte solo ai militari al fronte, ma alla natura stessa dell'essere umano, che deve fare i conti con la propria forma finita.
Una personale scoperta, quella del poeta, una presa di coscienza di quanto possa essere repentino, brusco, il passaggio tra la vita e la morte, ma che riesce, oggi, a squarciare il velo di incoscienza che ricopre i nostri occhi.
È vero, tutti dobbiamo morire, ma la pandemia prima e la
guerra ora, mostrano quanto fugace sia il rapporto tra la vita e la morte.
Infatti, come in autunno basta
un soffio di vento per staccare una foglia dal ramo, così basta un attimo, un
virus contratto neanche si sa dove, una pallottola volante, rapida, che appare
all’improvviso senza che uno se lo aspetti, per porre fine alla vita di un
uomo.
Stiamo
provando tutto questo sulla nostra pelle.
La
pandemia da coronavirus non è ancora terminata ed ecco che un nuovo spettro
inizia a dilagare nel mondo, quello della guerra.
C’è
però una differenza tra chi muore per coronavirus e chi muore in guerra. Nel primo caso, la morte, il distacco, è naturale,
graduale, non siamo noi ad aver cercato, prodotto il virus, esso è un evento
imprevedibile e inserito nella continua evoluzione della nostra specie, e per
questo, forse, accettabile. Nel secondo caso la morte è violenta, improvvisa,
ma soprattutto è il frutto di una decisione, di una volontà prevedibile, e
quindi per noi inaccettabile. Ma entrambe le situazioni fanno parte di una
circolarità, quella della vita e dell’eterno binomio vita/morte.
Pandemia e guerra hanno però
un denominatore comune: entrambe limitano la nostra libertà, e si sa “la
libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”.
Abbiamo provato la mancanza, la restrizione della nostra libertà in questi due anni. Chiusi nelle nostre case, soli, non abbiamo potuto organizzare feste, viaggi, cene, semplici ritrovi anche con i parenti più stretti. Ed ora, che eravamo quasi convinti di poterne uscire, ora che ricominciavamo a vedere la luce in fondo al tunnel, ora che iniziavamo a riassaporare la gioia delle piccole cose, ecco esplodere una guerra terrifica quanto improvvisa, più vicina di quanto si possa pensare.
Ma se
per la pandemia, evento aleatorio quanto devastante, alla fine potevamo pure
accettare una restrizione della nostra libertà per il bene comune, per la
salute di tutti, per la guerra non è così. La guerra è un atto voluto, che va a
ledere il diritto inviolabile di un popolo, e che rischia, oggi, di coinvolgere
la libertà di tutto il genere umano.
Ed è per questo che, a mio avviso, le parole di Ungaretti, sono
oggi più vive che mai ed esprimono a pieno, meglio di qualsiasi altro articolo,
di qualsiasi altra riflessione, l’ansia quotidiana, l’angoscia per le
condizioni mutevoli della nostra esistenza, la precarietà del momento storico e
la fragilità umana: oggi si è vivi domani non si sa.
Oggi siamo liberi, ma domani?
Filippo Maria Giovannini
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