Dopo un rigido inverno finalmente, tre giorni fa, è giunta la Primavera: le giornate che si allungano, le
temperature che si alzano, gli uccelli che tornano a cinguettare ma, soprattutto, i fiori che sbocciano, uno spettacolo a dir poco impareggiabile che non richiede alcuno sforzo e può essere fruito da chiunque. Infatti, in questo periodo, molta gente esce fuori e va per parchi, per godersi le meraviglie della natura. Il paese del sol levante, addirittura, fa diventare questo momento, una tradizione antichissima, chiamata Hanami (花見), una ricorrenza festosa in vigore da migliaia di anni, che consiste nell’ammirare la bellezza delle piante che rinascono. Essa coincide perfettamente con la stagione di fioritura dei ciliegi, ossia tra la fine di marzo ed i primi di maggio. Questi ultimi (Sakura 桜, in giapponese), assieme ai crisantemi, sono i fiori nazionali nipponici. Questa Usanza, che significa letteralmente “guardare i fiori”, ha delle radici millenarie, talmente antiche che la sua nascita si fonde alla leggenda. Esistono, per l’appunto, ben due teorie sulla nascita di questa particolare celebrazione: La prima, daterebbe la festa attorno al VII secolo quando un sacerdote di nome En-No-Ozuno piantò una serie di ciliegi sulle colline della città di Yoshino, maledicendo tutti coloro che avrebbero osato abbatterli, questi ciliegi particolari, in seguito, avrebbero preso il nome di Yamazakura (山桜 letteralmente, ciliegio di montagna) e sono tutt’ora la varietà più comune delle 600 specie di ciliegio presenti in giappone, con il loro caratteristico fiore roseo a cinque petali.Un’altra tesi, daterebbe la nascita della ricorrenza nel periodo Nara (710-784) e sia derivata da un’usanza cinese della dinastia Tang, la quale inizialmente prevedeva l’osservazione di prugni ma, andando avanti con il tempo, vennero rimpiazzati con i ciliegi, ben più belli e comuni in giappone. Inizialmente questa festa era esclusivamente elitaria nella quale i nobili ed i poeti si radunavano sotto questi alberi in fiore, bevevano saké e recitavano Haiku, ce ne parla infatti per la prima volta una poetessa chiamata “Murasaki Shekibu” nella sua opera “Genji Monogatari”, il romanzo più antico della storia, scritto agli inizi dell’XI secolo. Soltanto nel periodo Edo, ossia attorno al 1600, l’Hanami diventò una festa pubblica, per tutti i cittadini. Questa celebrazione, importantissima per i nipponici (talmente importante che l’evento viene comunicato dai servizi meteorologici giapponesi allo schiudersi dei primi boccioli) avviene quasi in perfetta concomitanza con altri due momenti altrettanto rilevanti: l’inizio della stagione della semina e l’inizio dell’anno scolastico giapponese.
Come si celebra questa cerimonia?
La festa è un grande momento di introspezione, ricca di significati allegorici tuttavia, all’atto pratico, si traduce come un momento di gioia dove la gente si raduna all’aperto, sotto questi alberi accattivanti, a fare pic nic e passeggiate, nei posti più affollati, addirittura, prenotando il posto con giorni di preavviso. Ovviamente non mancano i piatti tipici che vengono serviti in queste occasioni, come ad esempio i Sakuramochi, che sono delle palline di pasta di riso ripiene di marmellata di fagioli rossi ed avvolte da una foglia di ciliegio in salamoia, oppure gli Hanami Dango, delle particolari polpette di riso di colore rosa, bianco e verde servite con tè verde. Durante la sera, inoltre, vengono appese le tipiche lanterne di carta chiamate chochin, le quali preparano l’atmosfera alla yozakura 夜桜 (ciliegio notturno), dove i festeggiamenti si estendono per tutta la serata. Esiste un detto giapponese ripreso da questa festa, ossia “Hana yori Dango”, che letteralmente si tradurrebbe con “I Dango meglio dei fiori” ed indica che la sostanza (i dango) è più importante dell’apparenza (i fiori).
Alessio Racioppi
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