La guerra non cambia mai. Crudele e spietata, è il metodo meno etico che esista per risolvere dispute territoriali. Nonostante quest’ultima
sia sempre rimasta inesorabile e disumana, i metodi per svolgerla sono soggetti ai cambiamenti del tempo, così come coloro che la combattono. Il Giappone in ciò non fa eccezione avendo lasciato una delle più iconiche ed a tratti affascinanti schiera di soldati. Maestri delle arti militari, instancabili ed onorevoli. Oggi andremo a parlare di una delle caste militari giapponesi più nota in tutto l’occidente: I samurai.Il nome attuale deriva probabilmente da un verbo arcaico, ossia “saburau”, traducibile approssivamente come “servire” anche se, alternativamente, erano denominati con il generico termine Bushi (武士), ossia nobile guerriero.
Questo ordine nacque durante il periodo Heian quando i ricchi proprietari terrieri, stanchi delle insurrezioni nei loro campi, iniziano ad assoldare mercenari per proteggere i raccolti. Questa pratica venne talmente in voga che, nel giro di un secolo, i signori ne avevano una quantità tale da poter formare un proprio esercito personale, diventando così indipendenti dal governo (cosa che in seguito porterà alla creazione del fenomeno comunemente chiamato shogunato). Durante il periodo Kamakura (tra il 1192 ed il 1333), iniziarono a sviluppare una disciplina, unita ad un forte senso dell’onore e della lealtà. Questa raggiungerà la sua apoteosi nel periodo successivo (1338-1573) dove, anche grazie al buddismo zen che impartirà loro alcune arti, ancora in voga oggi, come la cerimonia del té o lo studio della calligrafia, i samurai verranno ammirati come grandi esempi di purezza, vigore e spiritualità.a partire dal secolo successivo, con la riunificazione del giappone nel periodo Edo, i guerrieri ne uscirono al vertice della scala gerarchica, al di sopra di mercanti, artigiani e contadini. Tuttavia ciò non durò a Lungo poichè, verso la fine del 1600 questa pratica venne sempre di più abbandonata finché, con la restaurazione Meiji del 1868 e la creazione di un esercito ufficiale giapponese, la carica venne ufficialmente abolita. Ovviamente, non senza una guerra! Infatti, nel 1877, una strenua resistenza 500 di Samurai di satsuma, affrontò 3000 soldati dell’esercito, cercando di rivoltarsi contro il governo imperiale, seppur fallendo miseramente.
Questi valorosi guerrieri, combattevano sia a cavallo che non, indossando pesanti armature lamellate con il loro caratteristico elmo, chiamato “Kabuto”. Queste ultime sono divisibili in due categorie principali, ossia le Yoroi, armature pesanti per i samurai a cavallo e le Dō Maru, armature ben più leggere utilizzate dai fanti che saranno anche le più prevalenti nell’ultimo periodo. Come armi utilizzavano le più disparate: archi, lance, balestre, scudi e, addirittura, all’inizio del 1600, perfino armi da fuoco. Tuttavia, un’arma in particolare li distingueva: difatti, per qualsiasi samurai, l’anima risiedeva nella sua katana. Quest’ultima veniva donata ai giovani samurai all’età di 13 anni, in una cerimonia detta genpuku, essa era donata, assieme ad un’altra spada caratteristica: la wakizashi, una sorta di equivalente giapponese del gladio romano. Queste due lame erano talmente inseparabili che insieme venivano denominate con il nome unico di daishō (letteralmente grande-piccola) ed erano la prerogativa di ogni combattente al vertice della scala sociale. Assieme a tanto potere e ad armi peculiari, un samurai seguiva anche un rigidissimo e duro codice d’onore, denominato Bushido (武士道 letteralmente, via del guerriero). Esso era un insieme di regole, fondato su 7 principi fondamentali ognuno fondato su determinate virtù:
- 義, Gi: basato sull’onestà, sulla giustizia e sulla fermezza di spirito.
- 勇, Yu: basato sulla forza, sul coraggio e sull’eroismo.
- 仁, Jin: basato sulla gentilezza, sul bene e sulla salvaguardia dei più deboli.
- 礼, Rei: basato sul rispetto, sulla diplomazia e sull’interazione con altri.
- 誠, Makoto: basato sulla determinazione e sull’inesorabilità delle azioni.
- 名誉, Meiyo: basato sull’onore e sulle conseguenze delle azioni.
- 忠義, Chugi: basato sul dovere, sulla lealtà e sulla responsabilità.
Tutte queste ideologie cardinali, assieme alle norme derivate da esse erano punto di riferimento di ogni nobile samurai. Erano talmente devoti che, se per caso un guerriero avesse dovuto disobbedire ad uno di questi principi, per scontare la perdita di onore dovuta da ciò, si sarebbe dovuto togliere la vita, tramite il caratteristico suicidio rituale detto seppuku o harakiri il quale, secondo credenza popolare, non avrebbe causato alcuna perdita di onore. Se un samurai non avesse voluto compiere tale gesto tuttavia o, molto più comunemente, alla morte o alla mancanza di fiducia del signore che il Bushi serviva, egli sarebbe diventato un rōnin (浪人 letteralmente uomo onda), un uomo alla deriva, senza vincoli e senza onore, che lavorava come guerriero errante e non avrebbe potuto riacquistare la dignità se non con degli atti straordinari.
Alessio Racioppi
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