martedì 12 aprile 2022

Le armi: oscenità o necessità?

 

 

Con gli ultimi avvenimenti della guerra in Ucraina sono sorte discussioni sull’aumento delle spese militari e sull’invio di equipaggiamenti al governo ucraino.

L’Italia si è già impegnata, inviando armamenti per più di 12 milioni di euro (luce.lanazione.it), ed il governo Draghi ha dichiarato che intende rispettare gli impegni assunti nel 2014 dai Paesi membri dell’Alleanza Atlantica, aumentando gli investimenti militari fino a toccare il 2% del PIL, che si traduce in un incremento di spesa da 26 miliardi a 38 miliardi annui. 

 

Secondo un recente sondaggio di Euromedia Research riportato sul Corriere della Sera del 28 marzo, a questo aumento si oppongono il 61% degli italiani, tra i quali moltissimi giovani, perché ritengono che così si andrebbero a togliere risorse a settori che in questo momento storico sono prioritari. Tuttavia, se questi investimenti implicassero l’ampliamento della ricerca tecnologica in ambito STEM, allora la percentuale di favorevoli salirebbe.

Anche la Santa Sede si è dichiarata fermamente contraria alla spesa e all’invio delle armi in Ucraina.

“Questo è grave. E’ grave. Creare la coscienza che spendere in armi, in armi, in armi sporca l’anima, sporca il cuore, sporca l’umanità.” – Papa Francesco. Così il pontefice ha denunciato il continuo ricorrere alla guerra per risolvere problemi internazionali e ha fortemente sostenuto la ricerca collettiva della pace come unica soluzione. 

In alternativa alla guerra il Santo Padre propone “il modello della cura”, incentrato sull’attenzione alla persona, alla dignità e alla nostra casa comune. 

Riguardo l’invio delle armi in Ucraina, in sintonia con il papa, si è espresso il presidente nazionale di Pax Christi, l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, che appellandosi all’articolo n.11 della Costituzione italiana condanna la scelta del governo: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”

 

Il 27% della popolazione italiana è invece favorevole all’incremento delle spese militari, perché così facendo si cercherebbe di rispettare l’impegno dell’Alleanza Atlantica ed essere così, come ha detto il ministro della difesa, “un Paese credibile” nelle relazioni internazionali. Infatti, la reputazione e l’affidabilità di una nazione nel rispettare gli accordi internazionali è molto considerata quando vi sono rischi di scontri politici o elettorali. 

Questo aumento di spesa sarebbe visto come un investimento sull’innovazione, poiché si stanno mettendo le basi per armi che dovranno funzionare per i prossimi 30 o 40 anni. In più, confermerebbe un ruolo maggiore dell’Italia nella costruzione della difesa europea, che con investimenti maggiori potrebbe avrebbe le tecnologie necessarie per non dipendere militarmente completamente dalla NATO. 

L’accordo raggiunto dal governo, anche per conciliare i diversi partiti politici che inizialmente erano contrati all’incremento delle spese militari, è stato quello di un incremento graduale della spesa. Il governo Draghi intende infatti rispettare l’accordo del 2014, ma di raggiungere investimenti per il 2% del PIL entro il 2028. Così facendo, si riuscirebbe a trovare i fondi necessari, che altrimenti sarebbe difficile stanziare entro il 2024 date le tante famiglie ed imprese in difficoltà economica. 

 

Io credo che l’aumento delle spese per la difesa sia inevitabile. Il filosofo Vito Mancuso, in un articolo sul Corriere della Sera, ha ricordato le parole di Thomas More che nel saggio “Utopia”, considera le armi “una dolorosa e doverosa necessità”. Purtroppo, bisogna essere realisti nel discutere di punti così controversi ed importanti che possono influenzare il destino e la storia di una nazione. Da sempre, le armi sono state coprotagoniste della nostra storia e risultano essere insolubilmente legate a noi uomini. Lo stesso Thomas More ha riconosciuto la necessità della guerra difensiva e condannato inesorabilmente la guerra offensiva. In più, ha dichiarato l’opportunità di aiutare militarmente i popoli amici e quelli oppressi dalla tirannide.

E’ vero che l’articolo 11 della nostra costituzione ripudia la guerra, ma allo stesso tempo l’articolo 52 afferma che sia un dovere sacro quello di difendere la Patria. Come farlo senza l’utilizzo di armi? 

Ora come ora sembra un’impresa impossibile, ma bisogna ricordare che ci sono stati momenti unici nella storia globale, in cui la nonviolenza ha vinto. Come nel Trattato del 1987, che fu raggiunto solo grazie all’iniziativa di Michail Gorbaciov del disarmo unilaterale che portò successivamente ad uno smantellamento di 2700 missili nucleari russi e americani, mettendo così fine alla guerra fredda. O come dall’esempio del pacifismo nonviolento del Mahatma Gandhi. 

Per questo, Papa Francesco fa bene a ricordarci un’impostazione diversa, dettata dalla pace e dall’unione dei popoli. Non bisogna infatti abbandonare l’aspirazione umana di raggiungere questo sogno, questa Utopia.

“Una carta geografica che non contempla l’isola di Utopia non merita nemmeno uno sguardo, perché escluderebbe l’unico paese al quale l’umanità approda in continuazione.” – Oscar Wilde 

Rodrigo Molina

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