Una recentissima notizia che ha catturato la mia attenzione è l’improvvisa malattia che ha colpito Justin Bieber,
la popstar australiana che considero tra i miei cantanti preferiti.In effetti i suoi numerosi fan, negli scorsi giorni, si sono interrogati sul motivo per cui alcune date dei suoi concerti fossero state cancellate per generici “motivi di salute”; poche ore fa, invece, il mistero è stato svelato...
È apparso su Instagram in una foto che lo ritrae con il viso semiparalizzato; in questo modo l’artista ha annunciato ai suoi fan di essere stato colpito dalla sindrome di Ramsay Hunt, una complicazione del fuoco di Sant'Antonio che può portare a una paralisi facciale temporanea e alla perdita dell'udito.
Peraltro, in un primo momento si era pensato al morbo di Lyme, un’infezione trasmessa dalle zecche che già negli anni scorsi aveva colpito il cantante.
Sui network non sono mancate le polemiche e le ipotesi più fantasiose: i no vax hanno sostenuto che la malattia del cantante è stata causata dal vaccino anti Covid, vaccinazione – peraltro – mai dichiarata da Bieber. È certo che l’immensa visibilità di un artista di fama internazionale scatena molteplici reazioni sul web, dove è consentito diffondere, senza alcun controllo e spesso in modo strumentale, qualsiasi tipo di notizia e ipotesi così da condizionare i lettori più ingenui anche su questioni fondamentali in questo particolare periodo, quale è quella della vaccinazione contro il Covid.
Comunque, ciò che ha suscitato il mio interesse per questo artista è stata, un paio di anni fa, la sua scelta di raccontare su Instagram con sincerità e onestà cosa abbia comportato per lui essere diventato famoso quando era poco più di un bambino. Un percorso sofferto, difficile da gestire, dove – per quanto possa sembrare un paradosso – non è mancata una grande solitudine che, purtroppo, lo ha portato ad abusare di droghe, a soffrire di disturbi mentali e ad avere difficoltà relazionali. Allora descrisse la sua condizione nella canzone “Lonely” perché, disse in un’intervista “condividere una storia del genere è importante. Tutti ci sentiamo soli a volte e qualcuno con la mia visibilità deve mostrare che non c'è niente di male a essere vulnerabili”.
“Accettare i propri limiti e le proprie fragilità perché fanno parte di ognuno di noi, anche di quelli che sembrano i più fortunati” questa è la considerazione che ho tratto dalla sua storia; ora un’altra dura prova lo attende e io gli auguro di riprendersi e di tornare presto sul palco a regalarci momenti e sensazioni indimenticabili.
Maddalena Sirimarco
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