Dopo una campagna elettorale estiva all’insegna di litigi su Twitter, scelte elettorali poco azzeccate e accuse reciproche di incapacità a governare, le elezioni
politiche si sono tranquillamente svolte questa domenica 25 settembre. Vediamo quindi un riassunto della tornata:Camera dei deputati:
PARTITI % CUE Seggi
FdI 25,9% – 69
Lega 8,7% – 23
ForzaItalia 8,1% – 22
NoiModerati0,9% – –
Cdx tot 43,8% 121 235
Azione+IV. 7,7% – 21
PD 19,1% – 57
Verdi+SI. 3,6% – 11
+Europa 2,8% – –
Imp. Civ. 0,6% – –
Csx Tot 26,1% 12 80
M5S 15,4% 10 51
Italexit 1,9% – –
Svp. 0,4% 2 3
Aut. Vd’A 1% 1
Altro 4,4%
Evitando analisi sul crollo dell’affluenza a queste elezioni (che è comunque un ottimo indicatore per renderci conto di quanto la politica sia distante dal popolo), i risultati rappresentano quindi vittoria schiacciante della coalizione di centro-destra, nello specifico questo è un successo per Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. La Meloni infatti, dopo il 4% nel 2018 è rimasta salda all’opposizione dei governi della legislatura, distanziando il suo partito dal forte populismo di destra che ai tempi contraddistingueva la Lega Nord e avvicinandosi a posizioni nazional-conservatrici che nella prima repubblica erano proprie del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante (difatti FdI porta ancora nel suo simbolo la fiamma tricolore).
Giorgia Meloni quindi approfitta dell’onda di malcontento nei confronti del governo Draghi per ottenere la quasi totale egemonia sugli elettori di centro-destra. Non possono invece beneficiare dello stesso successo gli altri due maggiori partiti della coalizione: un ormai imbalsamato Silvio Berlusconi riesce a mantenere a sé la parte di elettorato moderato sempre fedele, mentre un rocambolesco Matteo Salvini dimostra inadeguatezza e ambiguità in campagna elettorale facendo scappare una enorme parte dei suoi elettori.
All’opposto troviamo invece la fallimentare coalizione di centro-sinistra guidata dal PD con a capo Enrico Letta. Dopo una campagna elettorale sciapa e ai limiti del tragicomico (basti pensare al bus elettrico, simbolo della campagna, che si scarica durante il tragitto oppure allo slogan “scegli” utilizzato spesso su meme di bassa qualità e privi di senso), il PD prova ad avvicinare a sé l’elettorato progressista che nel centro-destra vede una minaccia, fallendo miseramente nel tentativo per via delle molteplici ambiguità all’interno della coalizione stessa e al quasi inesistente carisma di Enrico Letta.
Negli altri partiti i risultati invece intrigano e aprono la strada al dibattito: un sorprendente Movimento 5 Stelle riesce a ritrovarsi al 15% (nonostante gli ultimi sondaggi) soprattutto grazie ad un grande appoggio da parte delle regioni del Sud e dell’elettorato populista che tende leggermente più a sinistra, l’accoppiata liberale Renzi-Calenda riesce a fare breccia in un elettorato molto giovane ma non convince le fasce demografiche più popolari che non pongono fiducia nelle loro proposte ed il nuovo partito di estrema destra Italexit non si avvicina neanche alla soglia nazionale di sbarramento.
Insomma, queste elezioni ci hanno ulteriormente dato prova del fatto che gli italiani scelgono una figura in cui si possono immedesimare facilmente e negano la propria preferenza a candidati poco carismatici, al di là dei programmi elettorali. Diffiderei quindi dai procurati allarmi su una svolta autoritaria o illiberale dello stato perché, se la ricetta di questo governo ha una provenienza simile a quella di governi passati nati con gli stessi presupposti, possiamo prevedere molto serenamente quello che verrà.
Giuseppe Cirimele
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