Sono passati ormai quasi sessant’anni dall’alto monito di Papa Paolo VI all’ONU, il quale con voce rotta dalla commozione quasi gridò all’assemblea: “Jamais plus la guerre!” (mai più la guerra),
ma ci troviamo ancora, dopo trent’anni dalla guerra in Jugoslavia, di fronte ad un altro conflitto europeo. Come giustamente notava Papa Francesco, pochi sembrano veramente preoccupati e interessati alla pace, la maggior parte sembra dimenticare che in una guerra, addirittura dai potenziali risvolti nucleari, non si dovrebbe fomentare altro odio, ma si deve lavorare ad una soluzione pacifica.Il conflitto tra la Russia e l’Ucraina ha causato una vera e propria crisi umanitaria, che ha stroncato centinaia di vite e costretto migliaia di persone a lasciare il proprio paese. Secondo gli studi la guerra ha determinato un aumento dei prodotti alimentari e dei costi dell’energia elettrica del 70%. Pertanto, è urgente cercare delle soluzioni alternative, una sfida che negli ultimi anni ha già impegnato molti dei governi nel mondo. Il conflitto in atto ha solo esasperato un problema strutturale, evidenziando la necessità che l’Europa adotti una politica energetica unitaria.
L’Europa importa circa il 40% del suo fabbisogno di gas dalla Russia. L’ Italia è, tra i paesi dell’Unione Europea, quello che fa più ricorso al gas naturale come fonte per la produzione di energia elettrica, impiegata in vari settori: servizi, industria, domestico e agricoltura. Solo nel 2021 questa fonte ha permesso di produrre il 48% dell’energia elettrica nazionale. Molto più basse sono le percentuali di paesi come la Germania e la Francia, che possono contare sull’energia nucleare. La crisi internazionale causata dal conflitto tra Russia e Ucraina si intreccia con una crisi energetica già in corso, che ha portato un aumento in bolletta di circa il 55% per la componente elettrica e del 42% per quella del gas nel primo trimestre del 2022.
L’Italia importa il 46% del gas dalla Russia e lo utilizza per produrre il 22,3% di elettricità. La dipendenza energetica italiana non si esaurisce col gas ma si estende ad altre fonti, rinnovabili e non: l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) attesta al 78% il livello di dipendenza dell’Italia dalle importazioni di energia per soddisfare il proprio fabbisogno.
La produzione di energia elettrica in Italia avviene attraverso due fonti: energia non rinnovabile (combustibili fossili, ovvero gas naturale, carbone e petrolio) e fonti di energia rinnovabile. Il nostro paese dipende per il 60% circa da fonti non rinnovabili. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non è ancora riuscita a raggiungere l’obiettivo stabilito, anzi lo sviluppo delle fonti rinnovabili ha subito negli ultimi anni un forte rallentamento e i tassi di incremento annui sono insufficienti, sia per la componente eolica, sia per quella fotovoltaica. La questione dell’energia nucleare non è ancora stata presa realmente in considerazione e la sua adozione comporterebbe, oltre a rischi elevati, anche dei risultati di lungo termine, tali da non incidere sulla situazione attuale.
Come si vede, il dramma della guerra si fa ancora più pressante in un’economia internazionale strettamente interconnessa. Alla morte e alle tragedie che da sempre si accompagnano alla violenza bellica si aggiungono conseguenze economiche e sociali per tutti i Paesi.
Le possibili soluzioni passano necessariamente per la pace e la giustizia sociale. Quella di interrompere, i conflitti dovrebbe essere la strada maestra da perseguire per l’Italia e per l’Unione Europea: la guerra in Ucraina, come qualunque altra combattuta sul suolo europeo, può vedere solo sconfitto il nostro continente, che verrebbe sempre più emarginato dalla ricchezza mondiale, non disponendo di risorse energetiche se non attraverso l’importazione, esponendosi quindi a crisi gravissime che colpirebbero anzitutto le classi più deboli, già fortemente impoverite nel nostro paese da molti anni.
Maria Carolina Cavalaglio
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