Riflessione

Grafica di Alessia Zhang 


Spesso entri in un loop infinito di pensieri, dove continui a ripeterti “Non sono brava.”, “Potevo fare di più.”, “Perché sono così ?”,

“Sono davvero incapace.”, “Sono inutile.”.

Questa consapevolezza che hai tradotto in un disprezzo di te stesso, si fonda sulla base della conoscenza di ciò che non sei, o almeno, di ciò che credi di non essere.

Molte volte ti siedi fissando la natura e desideri di essere un albero, di essere un uno nell’infinito. Come fai a sopravvivere in questa perenne contraddizione di te: continui a condannarti ma allo stesso tempo incarni grandi ideali di esistenza?

Dentro di te hai un ideale di te stessa e sei naturalmente predisposta a cercare di diventarlo. Il problema nasce nel fatto che questo ideale è perfetto, il perfetto però non esiste. 

Come dice Leopardi l’uomo è ingannato a credere nell’infinito ed a scambiare l’indefinito con l’infinito, poiché l’indefinito non riesce a riempirti, di conseguenza ti dai la colpa di non averlo colto nella sua completezza.

Una poesia che rimanda a ciò che stai provando potrebbe essere uno dei Canti di Leopardi, intitolato “A se stesso” ed il testo dice questo :

Or poserai per sempre,

stanco mio cor. Perí l’inganno estremo,

ch’eterno io mi credei. Perí. Ben sento,

in noi di cari inganni,

non che la speme, il desiderio è spento.

Posa per sempre. Assai

palpitasti. Non val cosa nessuna

i moti tuoi, né di sospiri è degna

la terra. Amaro e noia

la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.

T’acqueta omai. Dispera

l’ultima volta. Al gener nostro il fato

non donò che il morire. Omai disprezza

te, la natura, il brutto

poter che, ascoso, a comun danno impera,

e l’infinita vanitá del tutto.

Questo drammatico soliloquio che diventa per te, spazio di rifugio e di condivisione del pathos assoluto, è così, un ultimo spazio di speranza, prima della definitiva rassegnazione.

Sveva


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