COP27: una soluzione per l’ambiente?



 Le COP sono le più importanti conferenze annuali sul clima del pianeta. Nell’anno 1992 le delegazioni di 154 Paesi si riunirono a Rio de Janeiro al fine di assumere iniziative contro il riscaldamento globale. Il protocollo di Kyoto del 1997 (al quale non aderirono gli USA) puntò quindi a ridurre le emissioni di gas a effetto serra.
Nel 1995, l’Accordo di Parigi, concluso al termine della COP21, constatò tuttavia che, nonostante gli sforzi effettuati, il cambiamento climatico era in parte inevitabile. Dal 1994, data in cui il trattato è entrato in vigore, l’ONU riunisce ogni anno quasi tutti i paesi per trattare di problematiche mondiali riguardanti il clima o “COP”, che significa Conferenza delle Parti. L’attuale conferenza si svolge in un contesto mondiale di eventi meteorologici estremi e di una forte crisi energetica.  Il problema delle conferenze mondiali è purtroppo sempre il medesimo: l’efficacia delle decisioni prese e la loro vincolatività, ovvero la possibilità che esse siano adottate, se non da tutti, almeno dalla maggior parte dei paesi del mondo al fine di rendere effettiva l’azione di contrasto al riscaldamento globale. 

La conferenza del 2022, COP27, si svolge in Egitto e si è assunta una serie di obiettivi ambiziosi. 

Il primo è l’attenuazione: come possono i paesi ridurre le loro emissioni? L’attenuazione del cambiamento climatico fa riferimento ai continui sforzi messi in atto dalle potenze Mondiali per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. L’attenuazione può essere messa in pratica dall’utilizzo di nuove tecnologie e risorse di energia rinnovabile, la modificazione dei comportamenti dei consumatori e il miglioramento dell’efficacia energetica degli strumenti meno innovativi.

Il secondo è l’adattamento: come i diversi paesi possono adattarsi al cambiamento climatico a collaborare: il cambiamento climatico è esistente aldilà di ciò che possiamo fare per rallentare i suoi effetti, per tale motivo è di fondamentale importanza adattarsi alle conseguenze climatiche per proteggere la popolazione. L’esito può comportare inondazioni, il rischio di più incendi, l’innalzamento del livello di mare e il cambiamento di temperatura da un giorno all’altro. La COP26 ha messo in pratica un programma di lavoro che si basa sull’obiettivo globale di adattamento stabilito nell’Accordo di Parigi. Il piano è stato ideato con lo scopo di fornire gli strumenti necessari per garantire che le azioni di adattamento facciano effettivamente avanzare il mondo verso un futuro più consono ai cambiamenti climatici. La Convenzione delle Nazioni Unite ha dichiarato necessario aumentare in maniera significativa la portata del finanziamento per rispondere ai rischi climatici attuali e futuri. Devono partecipare tutte le fonti pubbliche e private cioè i governi, istituzioni finanziarie e il  settore privato. 

Il terzo è la finanza climatica: un tema che verrà discusso ampiamente durante la COP27. I paesi in via di sviluppo lanciano un appello ai paesi sviluppati per ottenere un sostegno finanziario per poter raggiungere l’obiettivo stabilito. Si sentirà alquanto discutere riguardo la promessa annuale di 100 miliardi di dollari dei paesi sviluppati che non sono riusciti a mantenere e che si spera di raggiungere come traguardo nel 2023. La Presidenza egiziana mira a conseguire questo obiettivo e altri punti espressi nei COP precedenti. 

 Il cambiamento climatico non è legato soltanto al benessere comune, ma a un dispendio elevato per le Istituzioni Mondiali causato da estremi eventi meteorologici come i cicloni tropicali, la desertificazione e l’innalzamento del livello dei mari. L’aumento di questi eventi è causato dall’incremento delle emissioni di gas a effetto serra dei paesi sviluppato. I paesi in via di sviluppo, spesso i più colpiti, chiedono un risarcimento. Il Gruppo dei 77 e della Cina, in sostanza i paesi più sviluppati, hanno fatto domanda per aggiungere la questione dei pagamenti all’ordine del giorno della COP27 che avrà luogo quest’anno. Ad oggi ci sono state discussioni sulla creazione di un fondo, ma niente di concreto. Grandi esperti come il relatore delle Nazioni Unite sui diritti umani e l’ambiente, Ian Fry sperano di risolvere del tutto o almeno in parte la questione. È tempo che i grandi paesi, i principali emittenti di gas si accordino per dare un contributo ai paesi più vulnerabili. 

Maria Carolina Cavalaglio



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