Grafica di Linda Chen
Il 16 gennaio è stato arrestato Matteo Messina Denaro, capomafia di Castelvetrano (TP), dopo
30 anni di latitanza. I carabinieri del Ros lo avrebbero trovato alle 8.20, prima di iniziare una seduta di chemioterapia alla clinica Maddalena di Palermo. Nonostante abbia accennato ad allontanarsi una volta viste le forze dell’ordine, non è riuscito a fuggire, visto che decine di uomini armati e con il volto coperto avevano circondato la casa di cura. “Siamo orgogliosi di un risultato costato tanta fatica” dicono i pm, spiegando che si è trattato di un’indagine tradizionale, senza pentiti o anonimi. La tecnica è stata la stessa che ha portato all’arresto di Bernardo Provenzano. Eliminare la rete di favoreggiamenti che ha aiutato il boss durante la latitanza. Infatti, l’inchiesta è partita da un errore dei familiari, i quali durante una conversazione, nonostante sapessero di essere ascoltati, hanno accennato alle condizioni di salute di Messina Denaro. Indagando sui dati dei pazienti oncologici registrati al Ministero della Salute, gli inquirenti hanno trovato un’incongruenza: Andrea Bonafede. Quest’uomo è un parente di un favoreggiatore del boss, che circa un anno fa ha subito un intervento al fegato alla Maddalena, se non fosse che costui, il giorno in cui si sarebbe dovuto trovare sotto i ferri, si trovasse invece a casa sua a Campobello di Mazara. Da qui il sospetto che il latitante utilizzasse un falso nome, e la prenotazione di una seduta di chemioterapia a nome Bonafede ha fatto scattare il blitz. Matteo Messina Denaro, il quale dopo l’arresto è stato subito trasferito in una località segreta, verrà rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, dove potrà anche seguire le sue cure, come ad esempio Parma, dove già furono reclusi Riina e Provenzano.Attilio Buonomo
