Qualche giorno fa, dopo una trepidante attesa, si è svolta la 95esima notte degli Oscar e i vincitori sono stati
finalmente annunciati al pubblico. Le candidature sono state innumerevoli, eppure, un singolo film si è distinto più degli altri in quella particolare serata: “Everything and Everywhere All at Once”. Omaggiato di ben 7 premi (miglior film, migliore regia, migliore attrice protagonista, miglior attrice ed attore non protagonista, migliore sceneggiatura originale e miglior montaggio), superando di quasi il doppio il “secondo classificato” di quell’evento, ossia “Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale”, con “solo” 4 statuette.La pellicola vincitrice, diretta da Kwan e Schneiter, parla di una coppia di asiatici immigrati in America, che gestiscono una lavanderia a gettoni, un giorno, andando all’agenzia delle entrate per dei problemi con la dichiarazione dei redditi, la protagonista scopre, grazie ad una versione alternativa del coniuge, dell’esistenza di altri universi, che nascono da tutte le scelte che nella vita non sono state prese. Ed una minaccia che, a detta del marito, ha intenzione di creare un buco nero per distruggerli tutti, così inizierà a “saltare” tra un universo e l’altro per sconfiggere questo misterioso figuro. Un grande pregio del lungometraggio, è l’intrinseca complessità del concetto, che porta inevitabilmente a situazioni paradossali ed apparenti voli pindarici tra una scena e l’altra; oltre a ciò l’opera alterna struggenti scene serie a situazioni demenziali, affrontando, seppur con ironia, temi forti ed attuali, come il divorzio, le differenze culturali e le, apparentemente deviate, tendenze giovanili. Inoltre, piccola nota, l’attenzione al dettaglio durante gli scontri di arti marziali nel film, le quali sono performate da stunt-man allenati dal campione mondiale di Wushu in persona, Li Jing.
Alessio Racioppi
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