martedì 26 settembre 2023

Che metodi utilizzano i professori per interrogare e perché uscirai comunque sempre tu!



 Ebbene sì, per molti di noi è già arrivato quel giorno…

Quando il professore entra in classe, posa i libri sulla cattedra e proferisce le temute parole “oggi interroghiamo”. In un batter d’occhio la classe si trasforma in un fruscio di pagine, un nervoso ticchettio di penne e tante silenziose preghiere. Eppure, tu lo sai che puoi sperare quanto ti pare, puoi giurare su tua madre che non ripeterai mai l’errore di non studiare il giorno prima, puoi pensare a ogni scusa, ogni modo per non far uscire il tuo nome, ma se non sei preparato uscirai sempre e inevitabilmente te.

Ma c’è un modo che si possa evitare tutto questo? Si può, in qualche modo predire senza mai fallire chi verrà chiamato al patibolo? Innanzitutto, bisogna porsi una domanda importantissima: “che metodo utilizzano i professori per scegliere chi chiamare?”.

C’è chi, come il professor Cosentino, utilizza sempre lo stesso metodo, per ognuna delle sue classi, si suppone almeno dal ’79. Trattasi del conosciuto metodo della pagina: il professore apre il libro a una pagina a caso, somma le cifre e consulta la lista di classe. Sarebbe da chiedere al professore se secondo lui esistono più cifre che sommate fanno due o ventitré, ma non credo nessuno studente si azzarderebbe a proporre questi spunti di riflessione.

Al contrario, la professoressa Marina Pescarmona dichiara: “ne ho adottati molti di metodi, negli anni, ancora non credo di aver trovato quello vincente […] ad esempio, quest’anno, in quinto classico ho adottato il metodo delle programmate”. La professoressa in questione, però non fa organizzare il calendario di interrogazioni agli studenti, valutando che questo creerebbe troppo caos, ma avverte con anticipo di qualche giorno chi vuole sentire. Quando uno dei programmati è assente, tuttavia, l’insegnante sceglie casualmente il sostituto, ammettendo però che l’imprevedibilità è spesso fonte di ansia o angoscia nella classe. Ri-interrogando ogni persona dopo un periodo fisso di tempo si va a formare un ciclo più o meno costante che gira durante l’anno. Al contrario, il professo Scutari, una “new entry” nel collegio docenti del liceo, valuta l’intervallo tra due interrogazioni a seconda dell’allievo. “Se magari vedo che sta facendo più fatica cerco di interrogarlo prima, così ha meno argomenti da studiare”. Una simile logica applica il suo collega Marco Moro, che sostiene di osservare anche lui l’andamento della classe per decidere chi interrogare. Ciononostante, il giorno delle interrogazioni opta comunque per quella tecnica che molti studenti sostengono di riuscire a scampare, ovvero il “guardarsi intorno e scegliere a caso”. E qui ci si pone la domanda più importante di tutte: lo guardo o no?

Chiedete a qualsiasi docente, uomo, donna, giovane, anziano, frate o laico, nascondersi non è mai la soluzione. Ma se chiedete a qualsiasi studente vi risponderanno che guardare il professore negli occhi è peggio. C’è chi si accorge improvvisamente di avere le scarpe slacciate, chi fa finta di studiare, chi scappa in bagno, qualsiasi cosa per evitare di sentirsi come un cervo di fronte a un fanale. Purtroppo, i professori non sono tirannosauri e non è vero che se stai fermo non ti vedono, fingersi morto potrebbe attirare molta attenzione indesiderata e cominciare a correre nella direzione opposta sollevare domande illecite, la verità è che nel momento in cui gli occhi del predatore si posano su di te, disperato e indifeso, non c’è niente che tu possa fare se non rassegnarti.

Uno studente, però, aveva trovato anni fa la tecnica vincente per non farsi mai interrogare per primo. Ci racconta il prof. Sicignano che una sua collega usava l’estrattore della tombola con dentro i numeretti per scegliere chi interrogare e casualmente il numero 18 non usciva mai. Uno studente in una delle due classi della professoressa aveva tolto la pallina con su scritto il suo numero e aveva salvato per un anno sia sé stesso che il suo omologo compagno nell’altra classe della professoressa.

In conclusione, sembra chiaro che l’unica opzione per ridurre al minimo le possibilità di uscire sarebbe strappare tutte le pagine dal libro di Cosentino, eliminare il proprio nome dalla pianta della classe e dalla lista e sperare che ogni 23 del mese sia una domenica. Lo sappiamo dai panini con la nutella che cadono sul pavimento, dalle chiavette USB che entrano sempre nel lato sbagliato, dai calzini che scompaiono nell’asciugatrice, non importa che la probabilità sia una su 23, se non hai ripassato il giorno prima uscirai sempre e soltanto te.

Silvia Vannucci 

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