Venerdì 20 ottobre alcuni ragazzi dell’istituto accompagnati dal professor Testa e dal professor Costa sono andati al teatro Quirino a vedere l’ultima rappresentazione teatrale de “La Coscienza di Zeno” di Italo Svevo, della quale tra l’altro quest’anno ricorre il
centenario dalla pubblicazione. Sotto la regia di Paolo Valerio l’opera ha ricevuto un ottimo adattamento teatrale, ed il cast teatrale con per primo Alessandro Haber come Zeno reminiscente ha dato all’opera una dignità ed un onore degno di essere comparato all’opera originale. La storia segue appunto Zeno, un ricco triestino che per smettere di fumare si sottopone ad una cura che consiste nel mettere per iscritto la propria vita. Questo diario personale, pubblicato per dispetto dal dottor S, suo medico curante (la cui S tra l’altro strizza l’occhio a Sigmund Freud, padre della psicanalisi) è la scusa con cui Svevo ci permette di conoscere la vita di Zeno da un punto di vista intimo, critico ma sincero. Il protagonista è un individuo complesso e ambiguo, intrappolato tra desideri contrastanti e un senso di colpa persistente. Zeno è un personaggio che sfugge a una facile categorizzazione, e attraverso le sue vicissitudini, Svevo esplora le intricazioni della psiche umana. In particolare nel romanzo vengono esplorati temi come l’autoinganno, la fragilità dell’individuo e il conflitto tra i desideri razionali e quelli istintuali. Parlando appunto di autoinganno un esempio tangibile di questo è il suo vizio del fumo. Nonostante sia ben conscio dei danni alla salute che il tabacco può causare, Zeno tende a razionalizzare il suo comportamento, cercando giustificazioni per continuare a fumare. Questo dimostra come la sua mente sia abile a trovare scuse o a minimizzare le conseguenze negative delle sue azioni. Allo stesso modo, Zeno si illude riguardo alle sue relazioni, specialmente con la moglie e l’amante. Mentre è chiaramente consapevole delle complicazioni e degli inganni che circondano queste relazioni, preferisce talvolta illudersi riguardo ai suoi sentimenti o alle sue motivazioni, spesso per evitare di affrontare la realtà dei suoi desideri e dei suoi fallimenti. Un altro esempio significativo di autoinganno è la sua visione di se stesso come vittima delle circostanze. Si convince che le sue azioni siano guidate da forze esterne, come il destino o la pressione sociale, piuttosto che ammettere la responsabilità delle sue scelte. Questo autoinganno gli permette di scaricare la colpa su fattori al di fuori del suo controllo ed è legato alla sua incapacità di affrontare il proprio passato e le conseguenze delle sue azioni. Evita di affrontare le verità scomode, preferendo piuttosto costruire una narrazione distorta che lo faccia apparire sotto una luce più favorevole. Zeno quindi è colpevole, colpevole di un’ambivalenza che lo tormenta nel conflitto tra ciò che lui sa essere giusto e razionale, ed impulsi autodistruttivi a cui sarà sempre incatenato per quella che è una sindrome dell’eterno ritorno che lo obbliga a ricadere sempre negli stessi schemi e nelle stesse trappole da lui autoimposte.
In conclusione ne “La Coscienza di Zeno”, Svevo offre una profonda riflessione sulla condizione umana, invitando il lettore a esplorare le intricate trame della mente e a confrontarsi con le contraddizioni e i dilemmi che caratterizzano l’esperienza umana.
Giuseppe Scardaccione
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