L’incontro a cui noi studenti della quarta liceo classico abbiamo assistito lo scorso mercoledì 25 ottobre 2023 è stato
decisamente molto interessante. Si è svolto nell’Auditorium della Parrocchia San Pio X a Roma e ha affrontato un tema centrale che, purtroppo, non riceve spesso la giusta e meritata attenzione: il percorso terminale, naturale e assistito di una persona.Alla riunione hanno preso parte diversi esperti nell’argomento e ognuno di loro ha poi condiviso le proprie opinioni. Tra i relatori c’erano: il Presidente emerito della Corte costituzionale, Prof. Giovanni Maria Flick, Fr. Maurizio Faggioni, Professore ordinario di Bioetica all’Accademia Alfonsiana, il Dott. Giuseppe Casale, presidente della Fondazione Antea nonché responsabile clinico dell’Hospice Campus Biomedico di Roma e il Prof. Mario Sabatelli, docente di neurologia all’Università Cattolica e direttore del Centro Clinico NeMO.
Il dibattito, moderato da Piero Damasso, caporedattore centrale del Tg1, ha affrontato il delicato tema in maniera chiara e ordinata: ogni relatore, infatti, ha avuto a disposizione tra i 20 e i 30 minuti per approfondire adeguatamente l’argomento, esponendo sia un personale punto di vista sia considerazioni più strettamente legale al proprio ambito lavorativo.
Il Professor Flick ha aperto l’incontro, attirando l’attenzione degli ascoltatori sull’interpretazione legislativa riguardo alla questione del morte assistita. Più precisamente, dopo aver svolto una breve riflessione in merito all’effettiva morale ed etica dietro queste scelte, ha voluto sottolineare come, una volta soddisfatti i tre requisiti previsti dalla legge (cioè in presenza di infermità irreversibili, sofferenze intollerabili e trattamenti necessari per il sostegno vitale), sia incostituzionale per lo Stato italiano non concedere a un paziente in fin di vita l’utilizzo di farmaci specifici per accelerare il processo di morte. Tuttavia, senza voler ambire a fornire una risposta in termini assoluti, il Professor Flick si è soffermato sul caso in cui, qualora fossero presenti tutte e tre le ricordate condizioni, il personale sanitario incaricato di somministrare il veleno fosse esente o meno da pena. Questo aspetto è stato sottolineato in quanto, sebbene esista un diritto a morire, non vi è ancora, nella nostra Costituzione, un diritto alla morte “assistita” da un terzo o dallo Stato.
In seguito, il Dottor Casale, richiamando a proposito l’articolo 32 della Costituzione italiana, ha preferito fare chiarezza sul significato di “cure palliative”. Il termine deriva infatti dal latino “pallium” (mantello), indicando, appunto, un mantello in grado di proteggere i malati. Esistono diverse interpretazioni sul senso effettivo di queste cure: quella che il Dottor Casale preferisce, indicandola come prevalentemente riconosciuta anche a livello mondiale, è stata fornita dall’OMS, secondo cui tali cure mirano ad accompagnare la persona a vivere in maniera dignitosa e secondo i propri desideri fino all’ultimo momento. Dunque, in questa prospettiva, queste cure si propongono di evitare qualsiasi forma di accanimento terapeutico ovvero tutte quelle decisioni che non risultano necessarie nell’immediato o indispensabili. In ultima analisi, l’intervento del Dott. Casale si è anche focalizzato sulla sofferenza interna del paziente in merito a episodi in cui alcune persone, sentendosi dei “pesi” per le proprie famiglie e per la società, hanno chiesto di interrompere le cure.
Continuando il filo conduttore tracciato dal Dottor Casale, il Professore Mario Sabatelli ha espresso la sua visione sulle cure palliative, argomentando le principali cause della loro difficoltà nell’affermarsi tra le cure attualmente più accreditate. Dopo aver condiviso la sua esperienza in prima linea da direttore che, nel corso degli anni, ha assistito a migliaia di pazienti affetti da una grave malattia come la distrofia muscolare, ha voluto terminare con una riflessione sui concetti di vita, morte e scelta. Infatti, nei minuti conclusivi del suo discorso, il Prof. Sabatelli ha condiviso con l’uditorio alcune parole dette da un paziente poco tempo prima: “Voglio morire”. L’interrogativo che questa forte affermazione può suscitare in ognuno di noi potrebbe essere: “E’ veramente possibile desiderare la morte?” Ebbene, la risposta è no poiché l’istinto di sopravvivenza prevale su tutto e tutti, spingendo le persone che desiderano porre fine alla propria vita non a scegliere di morire, ma piuttosto come non vivere.
In conclusione, Frere Maurizio Faggioni ha dedicato la maggior parte del suo tempo a disposizione al tema della cura e della solidarietà inteso come l’atto di prendersi a cuore i problemi dell’altro. Tuttavia, riflettendo sul vero significato di questa frase, è emerso che in realtà prendersi cura vuol dire anche mettersi in alleanza con un altro, tematica che si ricollega con quanto poi affermato nelle battute finali della conferenza ovvero con tutto ciò che riguarda le volontà del paziente e la sua totale libertà di scelta in merito alle cure utilizzate.
Personalmente, ho trovato le considerazioni dei relatori articolate ma sincere, puntuali ma spontanee, considerando peraltro la vastità e la delicatezza degli argomenti trattati. Rimango, perciò, colpito dalla complessità di questo argomento e delle sue relative implicazioni e sono sicuro che il prossimo appuntamento-laboratorio di mercoledì 8 novembre, dedicato all’approfondimento della psicologia e dei ragionamenti che portano ancora oggi migliaia di pazienti a continuare a vivere nonostante tutte le difficoltà, sarà per me senz’altro un’ulteriore occasione di riflessione.
Raffaele Maria Valensise
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