Di ritorno da un viaggio a Parigi, volevo raccontarvi come proseguono i lavori di restauro di uno dei simboli della città: Notre Dame,
la cattedrale gotica colpita da un incendio la sera del 15 aprile 2019.Per il recupero della struttura, risalente al XIII secolo, sono stati raccolti 840 milioni di euro, frutto di donazioni di enti, come il gruppo LVMH, ma soprattutto di normali cittadini di tutto il mondo.
Tutta la zona intorno alla cattedrale è transennata e centinaia di persone lavorano notte e giorno per rispettare i tempi di consegna previsti per il 2024, in occasione delle Olimpiadi.
La prima fase dei lavori è terminata nel 2021 ed ha messo in sicurezza l’edificio.
Ora si è passati alla ricostruzione degli elementi distrutti dall’incendio ed al restauro di quelli danneggiati; vi lavorano numerose figure specializzate nel restauro delle sculture in pietra e in metallo, delle pitture murali e del ferro, doratori, organisti, vetrai, ebanisti.
I resti carbonizzati del telaio e del tetto sono crollati sulle volte insieme alle pietre, si sono accumulati sul pavimento della navata e del transetto e, con l’acqua utilizzata per spegnere l’incendio, hanno formato uno strato limaccioso che ha necessitato l’impiego di archeologi per selezionare il materiale da recuperare.
Il lavoro più rilevante è senza dubbio la ricostruzione del tetto, fedele replica di quello progettato da Eugène Viollet-le-Duc nell’Ottocento, guglia compresa. Il legno, proveniente da oltre mille querce secolari, originarie delle foreste del nord e centro della Francia, è stato fatto essiccare 18 mesi per far sì che, una volta posizionato, non si muova o restringa. Sulle travi di legno saranno successivamente posate 500 tonnellate di lastre in piombo, riproducendo fedelmente quelle originali.
L’organo del coro, dotato di 8000 canne e 115 registri, è stato gravemente danneggiato dall’acqua usata per domare le fiamme e dovrà essere completamente ricostruito.
Tutte le vetrate, 3000 m2 di superficie, sono rimaste illese, ma necessitano di un attento lavoro di restauro e pulizia, mentre per pulire le pareti e le decorazioni interne si sta utilizzando l’Arte Mundit, un materiale a base di lattice che, applicato sulla pietra, si solidifica formando una pellicola che, una volta asportata, rimuove le particelle di fuliggine.
La parte più delicata del restauro resta sicuramente il recupero della flèche, ovvero della guglia in legno lunga 70 metri e apposta a un’altezza di 30 metri: la sua ricostruzione ha richiesto l’installazione di impalcature alte 100 metri (una vera e propria sfida tecnica!) e l’impiego di 2000 castagni francesi.
Notre Dame sta risorgendo dalle sue ceneri grazie anche alle tecnologie digitali: scansioni laser, rilievi 3D, che creano un fedele duplicato della cattedrale, e a coordinare il cantiere scientifico è un nostro connazionale, l’architetto Livio De Luca. Il gruppo di ricercatori sta cercando di preservare non solo gli elementi decorativi e strutturali, ma anche l’acustica della cattedrale, analizzando i materiali, i volumi e gli ambienti.
La ricostruzione di Notre Dame è diventato motivo di conoscenza: l’analisi dei resti dell’incendio, combinata con gli studi in situ, getta ad esempio nuova luce sul ferro e sul piombo usato per la costruzione originaria della cattedrale, costituendo una fonte inedita di informazioni sulle tecniche costruttive medioevali e sulle condizioni climatiche del passato.
Filippo Maria Giovannini
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