giovedì 9 novembre 2023

Viaggio a Trieste: 5° scientifico C


 foto di Silvia Vannucci

Trieste, una città dall’indubbia bellezza storica, artistica e letteraria, ma anche dal tumultuoso e cupo passato, è una tappa fondamentale per la memoria storica dell’Italia

nonché destinazione di molti studenti, tra cui la nostra classe, il V scientifico C (accompagnati dai professori Rondinella e Scutari) che, nonostante la brevità del soggiorno (avvenuto dal 3 al 5 novembre), ha avuto modo di conoscere ed apprezzare tutte le sorprese che la località riserbava, sia quelle dalla grande importanza storica che quelle più effimere. Culla e dimora di grandi personalità letterarie (quali Svevo, Saba e Joyce), la città si presenta come una graziosa cittadina dallo stile asburgico, a ridosso del mare e con un piccolo canale che fende il centro storico.

Storicamente in mano all’impero Asburgico, elemento che si riflette soprattutto sull’architettura e la cucina locale, nonché alla vasta presenza di caffè risalenti all’età dei lumi, il territorio fu conteso tra decine di paesi, quali la Serbia, la Slovenia, le minoranze Greche, la Jugoslavia, Venezia (per un breve periodo nel 1300), la Germania ed infine, con i trattati di Rapallo (1920) e di Osimo (1975) in mano all’Italia, ponendo come confine nostrano la città di Muggia, un pittoresco borgo venezieggiante (appartenente a quest’ultima repubblica fino alla sua annessione all’Italia) a ridosso del mare. Tuttavia, tutt’oggi i triestini si sentono fortemente indipendenti dalla madrepatria, rivendicando lingua, storia ed ideologie autonome. A questi idilliaci panorami, però, si accosta la mutilata storia a tinte fosche del novecento. La città infatti fu teatro di una miriade di eventi attraverso tutto il secolo: iniziando dalla prima guerra mondiale, tutta la zona limitrofa dell’Isonzo e del Carso fu centro di grandi scontri e, nel 1918 la città stessa, con l’invasione da parte dell’esercito Regio. Eppure, il periodo più cupo fu successivamente, con l’avvento del Nazismo. Infatti, in quest’epoca, la zona fu prettamente in mano ai Tedeschi, i quali edificarono qui l’unico campo di concentramento con un forno crematorio in tutta Italia: la Risiera di San Sabba. Chiamato così poiché originariamente adibito a magazzino per il riso, ad inizio del novecento fu convertito in prigione politica ed infine, con la prospettiva della seconda guerra mondiale alle porte, in campo di concentramento. Attorno agli anni settanta, passò nelle mani di un architetto che decise di trasformarlo in un monumento storico che fungesse da monito e memento alle generazioni successive, funzione che oggigiorno mantiene. Nonostante questi terribili accadimenti, uniti ad ulteriori eventi storici successivi, come la tragedia delle Foibe e l’aspra occupazione Jugoslava, la città si è totalmente ristabilita, tornando a riprendere le attività per cui era conosciuta, come lo scambio di merci (vantando il record del più grande porto commerciale d’Italia) ed il turismo, ricevendo anche i complimenti della classe, la quale ha apprezzato tantissimo l’uscita, seppur con la sua stereotipata e sferzante Bora.

Alessio Racioppi 


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