Doposcuola per i bambini rom e figli di immigrati della scuola primaria e dell'infanzia, nella Scuola della Pace del quartiere Trullo di Roma con la Comunità di Sant'Egidio

SAHIB

 Salgo al secondo piano, i bambini stanno per arrivare. 

Ne arriva uno con lo sguardo tenero ma frettoloso, gli chiedo se studiamo insieme,

e lui risponde “Sì!” Tira fuori dallo zaino i libri e l’astuccio. Ci presentiamo, si chiama Sahib, poi mi chiede se conosco l’origine del suo nome; vuol dire “Signore” in indiano. Nei suoi occhi leggo il desiderio di approfondire e di scoprire il più possibile il mondo che ci circonda; celava una forza potentissima ma invisibile: la brama di sapere. La conoscenza è una necessità umana, primordiale, dentro ognuno di noi, e Sahib lo ha capito. Aveva capito che studiare equivale ad arrampicarsi sulla libertà e a scontrarsi dialetticamente con la realtà per comprendere più profondamente i meandri del nostro pensiero. Il suo argomento preferito? Il Big Bang.

Dopo qualche lettura e moltiplicazione, passiamo velocemente al prossimo esercizio. Il tempo stringe, una donna in lontananza lo chiama e lui mi dice che è sua madre e lo deve portare via. Mentre andiamo da lei, Sahib la implora di lasciarlo qui a studiare ancora un po'. Lo aiuto a fare lo zaino, e prima di andarsene mi chiede: “Ci sarai la prossima volta?” Gli rispondo “Forse.” Poi se ne va con l’aria di chi non ha ancora concluso ciò che ha iniziato. Probabilmente se fossimo stati soli, io e lui, avremmo continuato a fare i compiti fino a notte fonda.

Se avete tempo di leggere questo articolo, fatelo. Se avete tempo di perseguire una passione, fatelo. In verità, il tempo ce l'avete per certo, insieme alle molteplici opportunità che invece Sahib non ha. Sprecare tempo sarebbe un’ingiustizia, innanzitutto verso di voi.

Nunzio Monaco